I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione (DNA) comprendono una vasta gamma di manifestazioni cliniche aventi come comune denominatore un rapporto disturbato con il cibo e un’eccessiva preoccupazione per il peso e le forme del corpo. Si manifestano attraverso una marcata restrizione dell’assunzione del cibo (Anoressia Nervosa) oppure con delle abbuffate associate a sensazione di perdita di controllo (crisi bulimiche), seguite o meno da tentativi di sbarazzarsi delle calorie assunte (rispettivamente Bulimia Nervosa e Disturbo da Binge-Eating). L’alimentazione disturbata è solamente la punta dell’iceberg perché i DNA possono essere inquadrati come risposte disfunzionali a varie forme di disagio sul piano emotivo e relazionale.
I DNA insorgono in periodi critici per lo sviluppo durante la prima adolescenza o l’età giovane adulta: le persone più a rischio sono quelle con storia di sovrappeso, maggiore sensibilità alla critica e al giudizio, bassa autostima, perfezionismo e difficoltà nella regolazione emotiva. Si radicano rapidamente perché forniscono un’esperienza di controllo con miglioramento dell’autostima ed entrano a far parte in maniera prepotente della costruzione identitaria. Una volta strutturati si protraggono nel tempo in media per oltre 10 anni. Nei casi più severi il rischio di complicanze mediche e per la vita è purtroppo alto. Infatti, rappresentano la seconda causa di morte dopo gli incidenti stradali nei giovani e, stando ai dati del RenCaM, nel 2022 i decessi per cause correlate ai DNA in Italia sono stati 3158.
Un’emergenza sociale in costante aumento
Negli ultimi anni l’età d’insorgenza si è progressivamente abbassata e spesso questi disturbi vengono diagnosticati tra gli 8 e 10 anni, in alcuni casi è necessario ricorrere al ricovero a soli 12 anni. Un altro dato allarmante è che il numero di nuovi casi sta crescendo in maniera esponenziale, in particolare a seguito della pandemia da COVID-19. Infatti, a partire dalla fine del 2020, i centri ambulatoriali e riabilitativi sono stati subissati da richieste urgenti di presa in carico per casi esorditi nei mesi precedenti, oppure per peggioramenti o recidive in pazienti che erano stati privati della necessaria assistenza ambulatoriale per le misure restrittive nel contatto sociale.
Sembra quasi che l’esperienza di deprivazione sociale abbia fatto da catalizzatore del disturbo proprio nei più giovani. Del resto, l’adolescenza rappresenta di per sé una tra le sfide maturative più importanti: cambia completamente il “bagno” ormonale nel quale è immerso il cervello, viviamo una rapida trasformazione corporea e stabiliamo il maggior numero di connessioni interpersonali di tutta la vita, evidentemente necessarie al corretto neurosviluppo e alla formazione della personalità.
Al momento, i numeri sono quelli di una vera e propria emergenza sociale che investe in particolare le fasce di età comprese tra la prima e la tarda adolescenza. Fino a qualche anno fa, il rapporto tra femmine e maschi era di 9:1. Più recentemente, la percentuale dei maschi sta salendo con un rapporto che è stimato 4:1. Ciò è probabilmente dovuto sia all’effettivo aumento dell’incidenza dei DNA nei ragazzi sia alla maggiore attenzione dei ricercatori alle problematiche dei maschi e alle loro peculiarità.
La “cultura della magrezza” ai tempi dei social
La principale ipotesi riguardo all’aumento dell’incidenza rimanda all’influenza della cosiddetta “cultura della magrezza” con tutto quello che comporta sul piano valoriale e identitario ottenere un corpo che si avvicina agli stereotipi, spesso irrealistici e manipolati, proposti dai mass-media. Da tempo si cerca di combattere la diffusione di siti web pro-ana (anoressia) e pro-mia (bulimia), anche con proposte di legge ad hoc, tuttavia, soprattutto nei giovanissimi, hanno assunto un ruolo sempre maggiore i social network (es. Instagram, TikTok), l’uso dei quali è aumentato dall’inizio della pandemia rendendo molto più difficile riuscire ad arginare i messaggi di vari fashion e fitness influencer e facilitando il reperimento di informazioni sui possibili metodi disfunzionali per perdere peso.
La necessità di una cura multidisciplinare
Per quanto riguarda il trattamento sono tra i disturbi psicopatologici più complessi e difficili da curare. Soprattutto nei giovani l’ambivalenza o la vera e propria resistenza ad intraprendere una terapia è la regola. Laddove si riesce ad intercettare precocemente il disturbo e trattarlo in maniera appropriata la prognosi è migliore. Spesso i familiari si sentono impreparati e smarriti davanti a disturbi di questa complessità, tuttavia, la terapia con la famiglia, in particolare nei minorenni, è di fondamentale importanza perché può prevenire l’evoluzione verso forme severe e persistenti. Quindi, è necessario coinvolgere il pediatra di base e il medico di medicina generale e prevedere un trattamento multidisciplinare integrato che comprenda psicoterapeuta, psichiatra, neuropsichiatra infantile, dietista, internista ed altre figure professionali sulla base del livello di gravità.