Ogni giorno in Italia 170 donne ricevono una diagnosi di tumore al seno. Quest’anno, infatti, si stima che saranno quasi sessantamila le donne italiane alle quali sarà diagnosticata questa patologia. E le aspettative di vita cambiano a seconda di dove si vive: nel Nord Italia ci si ammala di più di cancro, ma si muore di meno, rispetto al Mezzogiorno, dove invece si verifica la situazione opposta.
Nonostante però i numeri siano allarmanti – basti pensare che oltre 37.500 donne vivono la malattia in fase critica e avanzata – sono circa un milione le donne che hanno vissuto l’esperienza di cancro al seno, ma che sono da considerarsi del tutto guarite.
“Il cancro al seno se diagnosticato precocemente potrebbe essere non soltanto ben curato, ma anche sconfitto”, ci ha spiegato il professor Francesco Schittulli, Presidente nazionale della LILT – Lega Italiana per la Lotta contro i Tumori, senologo e chirurgo oncologo, nell’intervista esclusiva rilasciata a One Health, in occasione dell’Ottobre Rosa.
Ottobre Rosa e l’impegno della LILT
Da 30 anni, il mese di ottobre è il mese dedicato alla prevenzione del tumore al seno, un’occasione fondamentale per diffondere consapevolezza sulla patologia. Nel mondo, il tumore del seno è la neoplasia più diagnosticata tra le donne, con oltre 1,6 milioni di casi ogni anno. In Europa 464.000 nuovi casi ogni anno. Durante questo periodo, la LILT intensifica il proprio impegno offrendo screening gratuiti e iniziative per sensibilizzare le Istituzioni e le donne sull’importanza della prevenzione e della diagnosi tempestiva. Rappresenta un’occasione imperdibile per rafforzare il messaggio che la battaglia contro il cancro non è solo possibile, ma può essere vinta.
“Seppur il tumore al seno sia considerabile il big killer numero uno, si registra di anno in anno non solo una curabilità maggiore ma anche una crescente guaribilità anche del 90%, se utilizzassimo tutta la diagnostica tecnologica a nostra disposizione. E questo varrebbe per tutti i tipi di cancro. Siamo si dinnanzi ad una sorta di epidemia, ma guaribile!”.
Professore, ma come è strutturata la LILT?
La LILT è l’unico ente pubblico su base associativa esistente nel nostro Paese, vigilato dal Ministro della Salute, controllato dal MEF con la relazione annuale da parte della Corte dei conti ai due rami del Parlamento. Porta con sé un bagaglio di 106 associazioni territoriali, tante quante sono le nostre province, 20 coordinamenti regionali, 397 ambulatori e ognuna di queste realtà ambulatoriali, questi punti di prevenzione oncologica, ha una propria caratteristica, perché non tutte possono essere dotate di attrezzature diagnostiche strumentali. Vi sono alcuni ambulatori LILT che si dedicano essenzialmente alla prevenzione primaria, altre associazioni invece alla prevenzione terziaria.
Entriamo nel vivo dell’intervista. LILT dedica il mese di ottobre alla prevenzione per il tumore al seno. Qual è l’obiettivo di questa iniziativa?
L’obiettivo è quello di sensibilizzare sempre di più le donne a far si che questa neoplasia non possa accedere nel proprio corpo. Dobbiamo infatti considerare che il tumore al seno è purtroppo il big killer numero uno, nel senso che l’incidenza di questo tumore tende a crescere di anno in anno. Quest’anno stimiamo che saranno circa sessantamila le donne italiane alle quali sarà diagnosticato un cancro al seno. Questo si traduce in circa 170 donne che ogni giorno scoprono di essere affette da questa patologia.
Un tumore che è in crescita ma nel confronto del quale, pur essendosi attestato al primo posto “battendo” anche i tumori maschili, registra di anno in anno non solo una curabilità maggiore ma anche una crescente guaribilità. Oggi nel nostro Paese la possibilità per il cancro al seno si attesta al 90% circa. Una percentuale alta ma che potrebbe addirittura essere ancora innalzata fino al 98% se mettessimo in atto tutto ciò che è a nostra disposizione, da un punto di vista culturale, tecnologico, e scientifico.
Percentuali, quest’ultime che fanno ben sperare. Ma la situazione è uguale su tutto il territorio nazionale?
L’impegno della LILT è proprio quello di offrire anche in questo mese appuntamenti costanti con le donne per effettuare visite senologiche gratuite, per distribuire loro degli opuscoli informativi e allo stesso tempo promuovere iniziative che possano ulteriormente contribuire a conoscere e vincere questo tumore. Un tumore del tutto vincibile peraltro, ripeto, anche se qui c’è una nota dolente rappresentata da una differenza di offerta di servizi tra il nord e il sud. Nel settentrione ci si ammala di più di cancro, ma si muore di meno, rispetto al Mezzogiorno d’Italia dove, invece, ci si ammala di meno di cancro ma si muore di più. Le donne del nord effettuano uno screening senologico in maggior quantità rispetto alle donne del sud, e con una tempistica più accelerata.
Come invertire la rotta per far viaggiare tutto il Paese alle stesse velocità?
Bisognerà sensibilizzare le istituzioni preposte allo screening e quindi le Regioni a far sì che investano in prevenzione e non in malattie. Devono impegnarsi le Regioni del sud non a costruire ospedali, perché gli ospedali sono luoghi di cura, cioè di persone malate. Oggi c’è la possibilità di non fare ammalare le persone e quindi di non renderle pazienti. Perché costruire ospedali e non invece dei poliambulatori specialistici per il settore che possano prevenire la malattia? Il cancro al seno se diagnosticato precocemente potrebbe essere non soltanto ben curato, ma anche sconfitto; questo è l’obiettivo della Lilt!
C’è pertanto bisogno di un cambio di passo anche e soprattutto culturale.
Si, assolutamente. Questo tema deve andare di pari passo con un impegno culturale preciso, perché deve essere affrontato, portato all’attenzione e alla sensibilità delle nostre ragazze, delle nostre figlie, a partire dai 16, 17, 18 anni. Le ragazze sanno che dopo il primo rapporto sessuale devono periodicamente effettuare un PAP test, ebbene queste stesse ragazze devono sapere che hanno un organo, il seno, che è bersaglio privilegiato del tumore. Ecco l’importanza dall’autopalpazione mensile. E la LILT è a disposizione degli istituti scolastici, dei dirigenti scolastici, laddove vengano chiamati, ad effettuare delle visite senologiche e insegnare l’autoesame.
Come funziona l’autoesame? Quando invece fare la mammografia?
Per questa pratica, partendo dai 16, 17, 18 anni, si impiegano al massimo cinque minuti ogni mese. Non ha un obiettivo diagnostico, nel senso che dovrà essere la ragazza, a distanza di 10 anni, conoscendo perfettamente il proprio seno, a notare l’eventuale presenza di un nodo. Ma la finalità è sapere che a partire dai 25-30 anni – parlo delle donne non a rischio – si deve effettuare annualmente una ecografia e una visita senologica, alla quale deve aggiungersi, a partire dai 40 anni, la mammografia. Poi, a seconda anche delle caratteristiche del seno, se si tratta di un seno giovanile, denso, la mammografia può essere sostituita anche dalla Risonanza magnetica mammaria. Va infine superato il gap esistente tra nord e sud. Non è giusto che al Nord eseguita la mammografia dello screening a partire dai 45 anni fino ai 74 anni, al sud invece dai 50-69 anni.
Potrebbe essere utile un appello alle Istituzioni.
La sanità deve essere un bene equo ed universale, garantita a tutte le persone. Da qui l’invito, soprattutto ai Presidenti delle Regioni ad attivarsi affinché investano in prevenzione, perché investire in prevenzione significa anche investire in salute, con quanto ne consegue anche sotto l’aspetto economico.
Secondo i più recenti studi ogni euro speso in prevenzione ne fa risparmiare 4. Investire in prevenzione, dunque, comporta anche un forte risparmio in termini economici e per la comunità in cui si vive.
Il seno è un organo nobile, estremamente sensibile per la donna, un organo che svolge tre nobili funzioni: materna, estetica e sessuale. È fondamentale mantenere anche psicologicamente la donna in forma perfetta, considerando che questo tumore lo si registra in età sempre più giovanile, al di sotto dei 50 anni, in donne in pre menopausa, ma anche in donne anziane anagraficamente, ultra ottuagenarie. Ecco spiegata la continuità dello screening, per mantenere anche attiva la donna. Non si può mettere in discussione il valore e l’insostituibilità della donna. Guardando, infatti, alla mia esperienza ormai ultra cinquantennale di senologo-chirurgico, posso dire che la donna è il perno della vita, l’essenza dell’amore. Un mondo senza uomini è possibile, ma un mondo senza donne è inimmaginabile.
In base alla sua lunga esperienza quanto ha funzionato la prevenzione anche nel miglioramento della trattazione delle patologie?
Consideriamo che noi oggi abbiamo a disposizione, farmaci innovativi, sempre più personalizzati, che aiutano a bloccare la malattia. Oggi abbiamo circa un milione di donne che hanno vissuto l’esperienza di cancro al seno, ma che sono da considerarsi del tutto guarite, anche se registriamo oltre 37.500 donne in fase critica e avanzata della malattia. Ma disponiamo per queste anche di farmaci che ci consentono di allungare il cosiddetto periodo di sopravvivenza. Oggi abbiamo la possibilità di poter scoprire un tumore al seno addirittura impercettibile, o comunque di pochi millimetri, quando questa lesione ha delle dimensioni di 3, 4, 5 millimetri, si è di fronte ad un grado di aggressività, un indice di malignità molto basso e il processo di metastatizzazione – cioè che possa diffondersi in altri organi o apparati – è pressoché nullo. La battaglia anche sotto l’aspetto estetico, perché gli interventi sono estremamente conservativi.
Cioè? Ci spieghi meglio..
Le donne a rischio oggi possono avvalersi di un test genetico, il BRCa1 e Brca2 che ci informa sulla possibilità di un eventuale sviluppo di cancro al seno. Ed anche l’avvento dell’intelligenza artificiale, studiando soltanto le due mammelle della donna e mettendo in evidenza qualche alterazione tra una mammella e l’altra, ci permetterà di scoprire e anticipare lo sviluppo di un tumore addirittura 1 – 5 anni prima della sua manifestazione, anticipando la diagnosi di cancro.
Anche l’oncologia ha fatto dei passi avanti in questa direzione.
Oggi complessivamente riusciamo a guarire tutti i tipi di cancro: bambini, donne, uomini in circa il 70% dei casi, ma anche qui potremmo arrivare al 90% se utilizzassimo tutta la diagnostica tecnologica a nostra disposizione, disponendo oggi di una diagnostica molto più attenta, più precisa, più puntuale, più sofisticata, che ci consente appunto di poter scoprire queste lesioni quanto prima possibile. Oggi abbiamo nel nostro Paese, circa 4 milioni di italiani che hanno vissuto l’esperienza cancro, ma che continuano la loro attività, i loro impegni, la loro vita normalmente. Un cambio radicale in tal senso lo ha segnato, a dicembre dello scorso anno, la legge sull’oblio oncologico, votata da tutto il Parlamento e fortemente voluta dal Ministro della Salute, prof. Orazio Schillaci.
In cosa consiste? Che conseguenze per i pazienti?
Il cancro ha un forte impatto soprattutto umano oltre che sociale. Queste persone non saranno più sottoposte alla domanda: “Ha avuto un cancro?” e quindi non sono più limitate nella loro possibilità di poter accedere ad un mutuo, a un prestito, a una sottoscrizione di una polizza assicurativa, ad una adozione. Va dato atto al Ministro Schillaci che ha attivato subito l’iter procedurale per usufruire dei benefici normativi di questa legge, restringendo i tempi di denunzia del proprio stato di salute. Il provvedimento prevedeva che, a 10 anni dall’ultimo trattamento eseguito, la persona non avrebbe dovuto più giustificarsi o dichiarare di essere stata colpita dal cancro.
A proposito della sua specializzazione: quali sono in Italia i numeri delle nuove diagnosi del tumore alla mammella? Quali sono le nuove terapie?
L’immunologia, la genetica ed i vaccini costituiranno i cavalli di battaglia per vincere il cancro. Il cancro è una malattia ambientale su base genetica e quindi le alterazioni dei nostri geni, a livello del nostro DNA, portano a una compromissione dello stato di salute e allo sviluppo eventualmente di un cancro. Per quanto riguarda i numeri, ribadisco che quest’anno saranno circa 60.000 le donne che avranno diagnosi di cancro al seno e se dovessimo parlare di tutti i tipi di cancro noi registreremo quasi 400.000 nuovi casi di tumori. Questo significa che ogni giorno più di 1.070 italiani scoprono di avere un cancro. Si tratta davvero di considerare questa una sorta di epidemia. Sto parlando però di una malattia guaribile!
Quali sono le principali cause e i fattori di rischio di questa malattia? Sono effettivamente variati nel corso degli anni e adesso quali sono quelli più ricorrenti?
La malattia è ambientale su base genetica, cioè l’ambiente che va ad alterare, a cambiare i nostri geni fino a portarli allo sviluppo del cancro. L’ambiente è tutto ciò che è al di fuori della persona, tutto ciò che circonda l’essere umano. Ecco perché l’arma vincente contro il cancro è determinata dalla prevenzione, con i suoi tre livelli: primaria, secondaria e terziaria. La primaria è legata al comportamento individuale e quotidiano di ognuno di noi: la lotta al tabagismo, la corretta alimentazione, la dieta mediterranea italiana, con un consumo di fibre, frutta, verdura, legumi, cereali e la regolare attività fisica. La prevenzione secondaria è basata essenzialmente sulla diagnosi precoce. Infine la prevenzione terziaria, cioè il prendersi cura della persona che ha già vissuto l’esperienza cancro, cioè degli attuali 4 milioni di italiani. Questo comporta non un accadimento terapeutico nei confronti di queste persone, ma neppure un abbandono a loro stessi. E’ importante saper creare un rapporto empatico con la persona che ha già superato la fase della malattia. Una malattia devastante anche sotto l’aspetto psicologico, oltre che sociale e fisico.
Poche settimane fa avete lanciato la campagna LILT for Women “Nastrorosa 2024”. Qual è l’impegno dell’Ente per quanto riguarda la ricerca?
Noi devolviamo circa un milione di euro all’anno per progetti di ricerca, borse di studio e dottorati di ricerca. Questo contributo da parte della LILT è legato essenzialmente alla raccolta del 5×1000, cioè ciò che noi riceviamo attraverso il 5×1000 attraverso questi progetti di ricerca, corsi di studio, eccetera, lo devolviamo a chi partecipa a queste nostre iniziative. In questo caso gli ospedali, gli stessi IRCCS. Il tutto naturalmente controllato dal MEF e dalla Corte dei Conti, Ministeri della Salute e della Ricerca.