Se vogliamo mettere un freno alle violenze ai sanitari è necessario ricostruire quel rapporto di fiducia tra cittadino e servizio sanitario, che si è andato sgretolando nel tempo. Ci vuole una de-escalation della pericolosa tensione che si è creata tra l’esasperazione del paziente e l’impossibilità miracolistica del medico.
E con ogni probabilità queste dinamiche di violenze sono alimentate anche dallo squilibrio che si è venuto a creare dal momento in cui l’atto medico è scivolato nel penale ed ha creato quella frattura nel rapporto medico-paziente, oggi difficile da risanare. Una mancanza di fiducia che non solo genera malcontento, e a volte assurde pretese e voglia di rivalsa da parte del cittadino, ma anche lo smisurato aumento del ricorso alla cosiddetta e nota “medicina difensiva” che comporta per lo Stato una spesa stimata intorno ai 9 miliardi di euro.
Che senso ha continuare a chiedere sempre più finanziamenti per la sanità se poi i fondi vengono diluiti in cose futili, delle quali si potrebbe fare tranquillamente a meno? E non parlo evidentemente della sola medicina difensiva; penso per esempio alla questione dell’appropriatezza delle cure. È in questo clima di sfiducia dei cittadini nel sistema che nascono molto probabilmente i conflitti e le violenze nei Pronto Soccorso e “gli schiaffi che volano”. Eppure per quanto strano possa sembrare il nostro SSN funziona, offre assistenza di qualità, è uno dei migliori in Europa, forse nel mondo. Ma sembra che tutto vada male e cresce la sfiducia della gente.
Contro le violenze una nuova relazione tra medico e paziente
Io credo che vada rimessa mano al concetto di relazione tra paziente e medico, o meglio tra paziente e sistema sanitario. Continuiamo a parlare di prestazioni, a ragionare in termini quantitativi piuttosto che qualitativi. E per qualitativi intendo proprio la qualità di relazioni. Per esperienza posso assicurarvi che le buone relazioni tra medico, paziente e parenti del paziente sminuiscono il ricorso al contenzioso. Dobbiamo capire che c’è una bella differenza tra il vedersi curati e il sentirsi curati.
Dovremmo dunque riflettere sulla possibilità di rivedere il sistema di penalizzazione dell’atto medico, perché non è possibile che la morte di un paziente sia attribuita tout court al medico che lo ha curato o alla struttura che lo ha accolto. Senza poi tener conto al sistema folle che questa possibilità ha creato: a chi non è mai capitato di ascoltare alla radio magari della macchina, mentre guida, spot del tipo ‘se pensi di aver subito un torto in sanità rivolgiti al nostro studio tal dei tali: ci pagherai solo a causa vinta’. Non lo possiamo accettare. Come credo non lo possano accettare le assicurazioni costrette a rimborsi astronomici e dunque di conseguenza costrette a chiedere premi insostenibili per tanti medici e tante strutture.