Esiste sicuramente un prima e un dopo.
Esiste un prima della pandemia, e un dopo la pandemia.
Ed ecco che abbiamo dovuto ripensare la cura della popolazione tutta, la riorganizzazione dei servizi sanitari territoriali, la costruzione di percorsi di prossimità che permettano di stare al fianco di ogni persona, senza – soprattutto – dimenticare i più fragili e chi vive in zone difficilmente accessibili.
La vicenda pandemica, se vista nella sua interezza, ci ha dimostrato come è cambiato l’approccio alla salute a 360 gradi (animale, ambientale, umana), soprattutto in termini di impatto sulle nostre vite.
In questa fase storica della riflessione, dunque, ad appena tre anni dalla violenta pandemia che si è abbattuta sulle nostre vite e sulla storia, il punto focale deve essere ripensare a quale debba essere il miglior approccio di cura per ogni persona. Una cura che deve – al tempo stesso – adattarsi ad un contesto di salute completamente mutato.
L’approccio “One Health”
Non esiste più la “salute” come la conoscevamo, con la classica e ben demarcata distinzione fra uomo, animale e ambiente. Perché, come ci ha insegnato anche, ad esempio, la Cina, esiste, invece, un approccio “one health”, un tempo appannaggio esclusivo di studiosi e accademici, oggi un tema di scottante attualità che permea la società tutta, le imprese, le istituzioni, fino ad ogni singolo cittadino. La presa in cura della persona sarà integrata necessariamente con la buona alimentazione, uno stile di vita sano, fino alla presa in carico della salute animale. Perché un animale sano è una parte essenziale, in maniera diretta o indiretta, della salute dell’uomo. Così come centrale diviene anche l’attenzione all’ambiente.
L’approccio one health riguarda, quindi, i diversi livelli di salute, oggi estremamente in relazione fra loro. Un’unica salute – umana, animale e ambientale – non è più una scelta da prediligere, ma una reale e assoluta necessità.
Gli ultimi tre anni sono stati, infatti, la mera conseguenza di un’interazione – assolutamente – negativa fra questi tre fattori (l’uomo, l’animale, l’ambiente). Il Covid-19, l’influenza aviaria, la peste suina, la dengue e altre patologie che quotidianamente emergono, ne sono solo un primo esempio.
Le proposte
Riflettere su questo significa – da un lato – innalzare il livello di dibattito pubblico e – dall’altro – eseguire un’azione di empowerment nella nostra società. Per prima cosa, informare i cittadini, facendo sì che aumentino la propria consapevolezza, a partire dalle scelte quotidiane che possono, a poco a poco, migliorare la salute di ognuno e della comunità di appartenenza. La diretta conseguenza sarà una comunità più forte, che faccia sentire la propria voce con le istituzioni di ogni livello (da quello regionale fino al più alto grado internazionale, passando attraverso quelle nazionali), per ottenere un unico e importante cambiamento: un modello nuovo, trasversale e integrato, per la salute.
Siamo tutti responsabili, e abbiamo la possibilità e il dovere di svolgere un’azione proattiva. È per questo che occorre favorire un’alleanza strategica fra singoli cittadini, mondo accademico, mondo economico e imprenditoriale, istituzioni, scienza, stakeholder. Le lezioni che speriamo di avere imparato in questi anni non possono che proiettarci positivamente e attivamente al futuro: esiste un mondo prima e un mondo dopo la pandemia. Non possiamo più tornare alla salute di prima, tornare a prenderci cura delle persone come facevamo prima, non possiamo tornare a svolgere la vita di prima, semplicemente cancellando gli ultimi tre anni.
Dobbiamo – e qui sta la sfida di tutti noi – innovare, pensare in modo positivo, evolutivo, innovativo e integrato sulle sfide che ci attendono nei prossimi anni.
Ognuno di noi è il soldato di un solo grande esercito, compatto sullo stesso fronte: quello che combatte nella battaglia per la nuova salute.