L’alimentazione è al centro della nostra vita: alimentazione come sostentamento, alimentazione come piacere, certamente alimentazione anche come salute. Benché l’Italia sia di fatto tra i Paesi sviluppati, molti ignorano che ben il 40% della sua popolazione generale è affetta da malnutrizione: in altri termini, si alimenta poco o male. Tale percentuale si spinge fino al 50% nei pazienti adulti ospedalizzati e, addirittura, al 70% tra gli ospiti delle Residenze Sanitarie Assistite (RSA). È assolutamente dimostrato che la diagnosi e il trattamento della malnutrizione migliorino i risultati clinici di ogni paziente e, di conseguenza, riducano le spese sanitarie correlate alle sue cure.
Screening nutrizionale negli ospedali: l’iniziativa di Regione Lombardia
A questo proposito, la Regione Lombardia con la delibera n. 12 del 29 gennaio scorso ha attivato i percorsi di screening nutrizionale nelle sue strutture sanitarie, sottolineando quanto le criticità nutrizionali costituiscano priorità di intervento a livello nazionale e come gli strumenti di valutazione del rischio ad esse associato siano da considerare indispensabili per il supporto più tempestivo ed appropriato possibile. La Lombardia si è impegnata affinché entro la fine del prossimo giugno tutti i pazienti ricoverati in determinati reparti ospedalieri, tra i quali anche le Unità Operative di Chirurgia Generale, dovranno essere sottoposti sistematicamente a screening nutrizionale al fine di intercettare il più precocemente possibile i segni di malnutrizione.
Cosa sono e come funzionano i protocolli ERAS
Questo provvedimento è in linea con la diffusione in ambito ospedaliero dei protocolli ERAS (Enhanced Recovery After Surgery), che proprio confidando anche sull’adeguato stato nutrizionale del paziente candidato ad intervento chirurgico, mirano a ridurre il trauma e lo stress postoperatori per un più rapido ritorno alle proprie attività quotidiane. L’ERAS consiste in un approccio multiprofessionale e multidisciplinare alla cura del paziente chirurgico. Introdotto per la prima volta nella pratica clinica negli anni ’90 da un chirurgo danese, Henrik Kehlet, ha acquisito un forte supporto scientifico, diffondendosi a pressoché tutte le aree di specializzazione di chirurgia.
Il protocollo ERAS si basa fondamentalmente su principi che mirano a ridurre il trauma e lo stress del paziente sottoposto ad intervento chirurgico. I pilastri dell’approccio ERAS sono processi di cura peri-operatori basati su evidenza scientifica, lavoro di squadra con aggregazione ed integrazione di competenze differenti, nonché audit continuo per la verifica dei risultati. Gli items clinici del protocollo si muovono attraverso una fase di preparazione del soggetto candidato a chirurgia, una chirurgia minimamente invasiva e una fase post-operatoria di supporto per la più rapida e sicura ripresa delle funzioni fisiologiche e dell’autonomia del paziente.
Malnutrizione, la casa come primo luogo di prevenzione
Poiché l’età media e le comorbidità dei pazienti candidati ad intervento chirurgico di fatto sono progressivamente aumentate e i tassi di malnutrizione si spingono – come spiegato precedentemente – fino al 50% nei pazienti adulti ospedalizzati, di certo non può esistere pre-abilitazione senza un’approfondita e corretta valutazione dello stato nutrizionale quale chiave di volta dell’intero percorso ERAS. Se poi i dati a nostra disposizione sottolineano che addirittura quasi in un terzo dei bambini ospedalizzati si fa diagnosi di malnutrizione, risulta chiaro che il problema necessita di un atteggiamento proattivo che si spinga anche sul versante della prevenzione, forse più ancora che su quello della cura. Che ci si concentri, quindi, più sull’alimentazione che sulla malnutrizione. Nel testo unico delle leggi regionali in materia di sanità del 30 dicembre 2009 già si auspicava che la casa diventasse “primo luogo di cura”, intesa come sede della prestazione sanitaria da erogare a domicilio. In una visione proattiva, volendo estremizzare questo slogan, che ha senza dubbio una sua efficacia, la casa sarebbe da considerare come “primo luogo di prevenzione”. È dalla nostra tavola, dalle nostre abitudini alimentari, infatti, che dipende il benessere nostro e dei nostri figli.
Diffondere la cultura della sana alimentazione nelle nuove generazioni: la grande sfida
L’alimentazione sembra un argomento banale, di facile trattazione. I numeri sopra citati ci dimostrano che evidentemente non è proprio così. Nella nostra quotidianità l’alimentazione, almeno nella maggior parte delle volte, assume le sembianze della bruta soddisfazione della fame, in altre occasioni, appena più colte, viene a configurarsi più come il semplice appagamento calorico. Un’alimentazione corretta, invece, prevede una nutrizione equilibrata, che favorisca il benessere di ciascuno fornendogli gli elementi e le calorie di cui ha bisogno e limitando i cibi che potrebbero recargli danno. Quando quell’equilibrio fra il rifornimento di nutrienti e di energia − scarso o eccessivo − e il fabbisogno dell’organismo per assicurare il mantenimento, le funzioni, la crescita e la riproduzione viene meno si instaura un quadro di malnutrizione. Per questo, ben vengano i programmi televisivi, i talent show, i podcast dedicati alla buona cucina, quando “buona cucina” corrisponde a buona alimentazione. Oggi gli strumenti per conoscere i principi del mangiar sano sono facilmente reperibili. Ciononostante, la diffusione della cultura della sana alimentazione nelle nuove generazioni rimane una sfida. Come evidenziato, il Sistema Sanitario Nazionale, pur nelle sue attuali criticità, ha iniziato a farsi carico della malnutrizione ospedaliera. A tutti noi il compito di prevenirla.