La tutela della salute delle atlete e degli atleti del rugby oggi è un punto nodale dello sviluppo del gioco, sia per garantirne l’accessibilità e la sostenibilità, sia per infondere una percezione positiva nei confronti di tutti coloro che vi si avvicinano, attratti dalla spettacolarità che questo sport sa garantire, e dalla forte componente valoriale che lo caratterizza.
Rendere il rugby sempre più sicuro, mantenendolo – al contempo – spettacolare al suo più alto livello, è la sfida che World Rugby e le Federazioni nazionali affrontano da ormai oltre un decennio.
Il protocollo per la gestione dei sospetti traumi cranici
L’introduzione e la progressiva implementazione – a livello internazionale prima, e a cascata nei vari tornei domestici poi -, di un protocollo per la gestione dei sospetti traumi cranici (Head Injury Assessment protocol, o più semplicemente HIA) ha sensibilmente ridotto – e continua a ridurre – i rischi di questo sport. Lo stesso, può dirsi per la sempre maggiore enfasi che viene posta nel sanzionare placcaggi vicini alla zona del collo e della testa, per mitigare ulteriormente l’eventualità delle “concussion”, cioè i traumi derivanti dallo scuotimento della massa cerebrale all’interno della scatola cranica.
Nel rugby di base la tutela della salute degli sportivi viene ulteriormente garantita da regolamenti volti a minimizzare i potenziali infortuni. Inoltre, a partire dalla stagione 2023/24, la Federazione Italiana Rugby ha introdotto sperimentalmente il “placcaggio di sicurezza” nel minirugby e in U14, con estensione prevista all’U16 e all’U18 nelle stagioni a venire, sempre considerando che i rischi del rugby giovanile – come provato da numerosi studi – sono infinitamente più bassi del gioco dell’élite internazionale.
In questo processo di incremento costante delle pratiche per la tutela della salute di tutti gli sportivi, la tecnologia gioca un ruolo essenziale. Innanzitutto, viene garantita la possibilità agli staff medici di rivedere in tempo reale quegli episodi di gioco che danno luogo ad un sospetto trauma cranico. E poi – punta di diamante nella tutela della salute – è l’imminente introduzione nel rugby internazionale dell’Instrumental Mouthguard o, come preferiamo chiamarlo in Italia, il paradenti intelligente (IMG)
Il paradenti smart
L’IMG, introdotto inizialmente nella nuova finestra internazionale femminile d’autunno, ha fatto il proprio debutto nell’incontro inaugurale del torneo “WXV” tra Italia e Giappone, con un investimento complessivo da parte di World Rugby, la federazione internazionale, di oltre 2milioni di euro per supportare le Federazioni di tutto il mondo nell’utilizzo dei paradenti intelligenti e nell’uso dei dati che derivano da questi ultimi.
Il gruppo di lavoro internazionale sui traumi cranici, che si è riunito l’estate scorsa a Boston, ne ha raccomandato la graduale introduzione. Tale strumento, grazie al microchip contenuto al proprio interno, è in grado di rilevare le accelerazioni anomale della scatola cranica, consentendo di attivare con ancor più tempestività i protocolli HIA. E non solo: l’ulteriore passo in avanti in direzione preventiva è rappresentato dal monitoraggio dei carichi di allenamento con contatto, consentendo così di raccomandare periodi di riposo e scarico specifici per i giocatori.
Gli studi svolti nel corso degli ultimi anni a supporto dell’introduzione dell’IMG hanno dimostrato che i paradenti, di qualunque tipo, non solo “smart”, hanno la capacità di ridurre la possibilità di concussion del 20%: nel medio-lungo termine è quindi lecito attendersi un utilizzo sempre più ampliato dei paradenti intelligenti, tanto nel rugby di alto livello livello che nel rugby di partecipazione, se pur con tempi più lunghi. Il Gioco professionistico, nel volgere di un anno, li avrà implementati stabilmente, continuando così a rappresentare un polo di applicazione concreta delle pratiche necessarie a rendere questo sport sempre più sostenibile e sicuro.