La sanità globale è in crisi. E le soluzioni ad oggi non sono risolutive: poiché guardano alla situazione attuale e cercano di correggerla, si applicano alle conseguenze derivate dalla causa della crisi. Lo sforzo titanico da fare è quello di trovare soluzioni che prevengano i problemi attuali.
Innanzitutto, tornare al malato. Focalizzarsi sulla persona malata e non solo sulla sua malattia. Riportare al centro i valori della medicina, riconoscere il bene della persona e sfruttare le migliori competenze specialistiche. È, questo, un possibile modello della sanità che vogliamo, aperto alle innovazioni e aderente alla persona.
Il Manifesto della Fondazione “Dignitas Curae” è uno strumento che delinea un nuovo e innovativo modello di cura. Scritto a quattro mani, insieme a monsignor Mauro Cozzoli, già docente di teologia morale all’Università Lateranense, oggi consultore del dicastero per la Dottrina della fede, e rivisto negli aspetti giuridici da Natalino Irti, professore emerito dell’Università Sapienza di Roma, e Teresa Pasquino, docente ordinario di Istituzioni di diritto privato dell’Università di Trento. Con l’avallo e il sostegno di papa Francesco, del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella e del Ministro della Salute Orazio Schillaci.
Ma facciamo un passo indietro. Il contesto è quello della crisi della sanità, della quotidiana notizia della difficoltà di accesso alle cure, del sovraffollamento dei pronto soccorso, della mancanza di presidi nelle periferie, dei tanti sistemi sanitari quante Regioni conta l’Italia, delle fughe dei medici, dalle testimonianze critiche dei pazienti, che raccontano di percorsi di cura inefficaci e psicologicamente traumatici, di “disumanizzazione della medicina”.
La sanità è in crisi da almeno 10 anni, ma le origini sono da ricercare molto più lontano. In Italia, la tutela della salute è sancita dall’articolo 32 della Costituzione come diritto fondamentale dell’individuo e della collettività. Nel 1978 è stato quindi creato quel meraviglioso strumento che è il Servizio Sanitario Nazionale, per garantire cure gratuite e per tutti. La sanità pubblica era il nostro fiore all’occhiello, un esempio per gli altri Paesi. Poco a poco, però, questo strumento è entrato in crisi perdendo quell’accessibilità alle cure gratuite per tutti: la causa (al netto di qualche scelta politica, sulla quale sorvolo) sono: il progressivo invecchiamento della popolazione e la crescita dei bisogni in salute e l’aumento esponenziale dei costi della ricerca scientifica e delle tecnologie biomediche. In questo contesto, i bisogni finanziari necessari per garantire una tutela della salute gratuita e universale diventano sproporzionati, e la sanità entra in crisi. Il rapporto fra il PIL e lo stanziamento sanitario pubblico ci fornisce un indicatore fondamentale in questo senso: l’Italia è sotto la media europea, prevedendo che si assesterà intorno al 6% entro il 2026 (contro l’8% della Francia, l’11% della Germania, il 12% della Svizzera, il 18% degli Stati Uniti). Il finanziamento pubblico del nostro SSN non è, quindi, sufficiente per assicurare bisogni indispensabili, e tende a diminuire anno dopo anno.
Ciò si riflette su chi la sanità la vive: i cittadini, che sempre meno hanno accesso ai servizi sanitari.
Il nostro futuro, quindi, appare preoccupante e senza apparenti possibilità di soluzioni.
Da questo oscuro contesto nasce il Manifesto della Fondazione “Dignitas Curae”.
Organizzazione e gestione del sistema sanitario da un lato, centralità del paziente dall’altro. Non la cura del mero evento patologico, della malattia – come accade oggi –, ma la presa in cura del malato e della persona a tutto tondo. L’obiettivo è chiaro: una riduzione delle liste d’attesa per prestazioni ed esami, una limitazione degli spostamenti fra strutture ospedaliere, un accorpamento di quei percorsi che oggi sono frammentati, grazie alla realizzazione di un approccio multidisciplinare che ruoti intorno alla persona e verifichi le effettive necessità terapeutiche. Una potenziale e reale conseguenza sarebbe un miglioramento della sostenibilità della sanità, senza dover rinunciare alla qualità elevata delle cure.
Questo obiettivo deve coinvolgere tutti – medici, infermieri, operatori sanitari, politica e istituzioni – e deve avere il coraggio di iniziare il capovolgimento del “Paradigma “ di cura. Si tratta di un’impresa titanica, lo riconosco, ma solo così poniamo le fondamenta di una sanità sostenibile e di qualità per il futuro.