Dobbiamo imparare a convivere con il Covid-19. I vaccini rappresentano lo strumento più importante per combatterlo
A più di tre anni dalla sua comparsa, il COVID-19 continua a circolare attivamente in gran parte dei paesi del mondo, pur mostrando un impatto clinico limitato rispetto al passato.
Ciò che più ha sorpreso, è indubbio, è stata la capacità di SARS-CoV-2, il virus causa del COVID-19, di dar vita a varianti sempre più trasmissibili rispetto a quelle che le hanno precedute. Già nel primo anno della pandemia una mutazione – D614G – aveva reso SARS-CoV-2 maggiormente contagiosa. Ma la prima vera e propria variante – la cosiddetta Alfa – comparve in Inghilterra tra la fine del 2020 e l’inizio del 2021, in coincidenza con l’arrivo dei primi vaccini. La campagna vaccinale, all’inizio indirizzata a operatori sanitari, con l’obiettivo di rendere ospedali e RSA sicuri, e persone anziane, prevedeva la somministrazione di due dosi di vaccino, un ciclo breve che aveva mostrato nelle sperimentazioni cliniche un’efficacia vicina al 95%.
Poi, nella primavera del 2021, proprio nel bel mezzo della campagna vaccinale, comparve in India la variante Delta, che non solo risultò avere un più elevato livello di contagio, ma iniziò a mostrare anche una certa capacità di immuno-evasione: significa che le difese acquisite a seguito della vaccinazione o dell’infezione naturale venivano in parte aggirate dalle mutazioni acquisite dal virus. Fu a quel punto che si decise di raccomandare una dose di richiamo vaccinale (la cosiddetta terza dose).
Ma il vero stravolgimento avvenne alla fine del 2021, quando fu identificata in Sudafrica la variante Omicron, caratterizzata da una trentina di mutazioni rispetto al virus originale di Wuhan. Omicron, oltre ad essere estremamente più trasmissibile (l’R0 di SARS-CoV-2, ovvero il numero medio di casi secondari generati da una singola persona infetta) risultava aumentato da circa 2,5 del virus originale Wuhan a un valore compreso fra 15 e 20 per Omicron. Inoltre, a causa dell’elevato numero di mutazioni, Omicron si dimostrava in grado di eludere in maniera rilevante la risposta immune e, conseguentemente, di ridurre sia pure parzialmente l’efficacia dei vaccini.
Ciò modificava in maniera sostanziale le strategie vaccinali. Non essendo i vaccini più in grado di prevenire con sistematicità le infezioni, pur mantenendo inalterata la capacità di ridurre il rischio di ospedalizzazione e di ricovero in terapia intensiva (e quindi di morte), si decise di passare da una campagna di vaccinazione di massa a strategie indirizzate a proteggere le persone fragili o anziane dalle forme gravi di malattia.
Fortunatamente, però, la variante Omicron, certamente più trasmissibile e in grado di ridurre parzialmente l’efficacia dei vaccini, è risultata essere anche meno virulenta, ovvero meno aggressiva dal punto di vista clinico, mostrando una maggiore affinità per i recettori situati nelle alte vie respiratorie, provocando nelle persone sane una malattia simil-influenzale, e raramente vere e proprie polmoniti. Inoltre, la popolazione, più volte esposta al vaccino o all’infezione, ha acquisito nel tempo un certo grado di immunità. Nonostante ciò, il Covid, come del resto l’influenza, presenta tuttora dei rischi per le persone affette da comorbidità.
L’attuale situazione epidemiologica, caratterizzata dal passaggio dalla fase di pandemia a quella della circolazione endemica del virus, vede quindi un susseguirsi di ondate causate da sottovarianti, lignaggi e forme ricombinanti di Omicron, con un numero di casi relativamente elevato, ma un impatto clinico inferiore rispetto al passato: dunque, la percentuale di ospedalizzazioni e ricoveri in terapia intensiva attribuibili al COVID-19 rimane relativamente bassa. Inoltre, il vaccino, pur non riuscendo a tenere la circolazione virale del tutto sotto controllo, riduce ulteriormente il rischio di sviluppare la malattia in forma grave, evitando la congestione delle strutture sanitarie.
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Purtroppo, però, col passare del tempo – dalla vaccinazione o dall’infezione – diminuiscono le risposte immunitarie, per cui si rende necessaria la somministrazione di dosi booster di vaccino alle persone vulnerabili. In previsione di un assestamento della stagionalità di SARS-CoV-2, che come gli altri virus respiratori dovrebbe tendere a circolare soprattutto nella stagione fredda, la campagna di vaccinazione viene proposta insieme a quella anti-influenzale. Ciò, anche al fine di evitare richiami troppo frequenti, che inducono in molti una certa “fatica” vaccinale. Per la stagione in corso, il vaccino anti-COVID è stato adattato alla forma ricombinante di SARS-CoV-2 denominata XBB.1.5, che appare in grado di proteggere non solo dai suoi derivati (ad esempio, la cosiddetta EG.5 o Eris) ma anche da BA.2.86 (la cosiddetta Pirola).
In questa fase dell’anno, SARS-CoV-2 non è l’unico virus a circolare. Il sistema sentinella dell’Istituto Superiore di Sanità, basato sulla collaborazione dei medici di medicina generale, mostra una co-circolazione di Rhinovirus e virus respiratorio sinciziale, e aumentano, come previsto, i casi di influenza, che in genere tendono a raggiungere un picco dopo le feste di Natale.
La campagna vaccinale contro l’influenza, che ha lo stesso target di quella contro il COVID-19 (nel caso dell’influenza, però, la vaccinazione è raccomandata anche per i bambini, al fine di ridurre la diffusione del virus all’interno dei nuclei familiari), sembra avere maggior successo rispetto a quella anti-COVID, per diversi fattori:
1) l’abitudine consolidata alla vaccinazione stagionale;
2) una minore attenzione agli eventi avversi, veri o presunti, da parte di media e gruppi di pressione;
3) la disponibilità di vaccini monodose, che facilita l’organizzazione logistica da parte dei medici vaccinatori.
Infine, per quanto riguarda il virus respiratorio sinciziale, stanno per rendersi disponibili diversi vaccini di provata efficacia, destinati per ora alla popolazione anziana, nonché anticorpi monoclonali in grado di prevenire l’infezione nei neonati.
In conclusione, SARS-CoV-2 continuerà a circolare nella popolazione umana, e la sua eradicazione non appare possibile. Dobbiamo, quindi, abituarci a convivere con il virus, ma anche a limitarne l’impatto negativo. A tal fine, i vaccini rappresentano sicuramente lo strumento principale per ridurne gli effetti più devastanti. La vaccinazione è, invece, consolidata per quanto riguarda la prevenzione dell’influenza, con un’ampia gamma di vaccini a disposizione, il che facilita il miglioramento dell’appropriatezza vaccinale. La possibilità di vaccinare contro i due virus nella stessa seduta facilita certamente la pianificazione e l’organizzazione delle campagne vaccinali.
E’ importante avere a disposizione uno strumento utile per proteggere le persone fragili, e favorirne un uso appropriato lo è ancor di più.