One Health, big data, intelligenza artificiale. Ma anche la relazione medico-paziente, la comunicazione come tempo di cura, i rapporti con le altre professioni sanitarie. Ancora, i “nuovi” diritti, come l’autodeterminazione, il pluralismo culturale, la libertà della ricerca e della scienza. E poi, la responsabilità professionale, l’autonomia e il rischio clinico, la sicurezza delle cure.
Molte sono le nuove sfide che la medicina, la scienza, l’etica oggi pongono e che la Professione medica si trova ad affrontare. Proprio su queste direttrici verte infatti la revisione, attualmente in corso, del Codice di Deontologia medica: la vigente edizione, pur costantemente aggiornata laddove intervengano novelle normative o giurisprudenziali, risale al 2014. Sono tematiche che riguardano non solo i medici ma l’intera società: per questo, abbiamo allargato la discussione a un board interdisciplinare, formato da ricercatori, giuristi, giornalisti, esponenti delle istituzioni e della società civile.
Ma non basta.
Serve un grande SSN per i cambiamenti del nostro tempo
Viviamo una stagione straordinaria fatta di grandi cambiamenti. La rivoluzione digitale cambierà il nostro modo di esercitare la nostra professione. Gli algoritmi e l’intelligenza artificiale saranno per noi strumenti per rendere la nostra attività ancor più efficace, mettendoci nella condizione di rappresentare per molti cittadini la speranza di una vita migliore. Mentre si assiste a un aumento della vita media che va di pari passo con la necessità di gestire al meglio le cronicità. Per questo, sul territorio, abbiamo bisogno di una nuova organizzazione del lavoro, basata sulla necessaria presenza delle altre professioni sanitarie in team con la medicina generale. Ma abbiamo bisogno anche di modificare la nostra formazione professionale per meglio gestire i big data e renderli utili soprattutto per garantire a tutti terapie personalizzate. La fisica quantistica e la genetica, ad esempio, ci consentiranno di conoscere l’esoma, la parte del genoma che include i geni espressi, di ogni persona e di poter scegliere i farmaci migliori e utili per quella persona.
Per questo serve un forte e grande Servizio sanitario nazionale: perché queste possibilità non siano fruibili solo da chi può permetterselo, ma siano patrimonio di tutti.
Il Rapporto Censis – Fnomceo
Il nostro Servizio Sanitario nazionale, del resto, non è solo moltiplicatore di salute: è anche uno straordinario strumento di sviluppo economico, di crescita occupazionale, di progresso, di stabilità sociale del nostro Paese. Lo ha recentemente dimostrato il Rapporto Censis – Fnomceo “Il valore economico e sociale del Servizio Sanitario Nazionale – Una Piattaforma fondamentale per il Paese”, che ha studiato gli impatti economici e occupazionali – diretti, indiretti e indotti – della spesa sanitaria pubblica. Secondo le risultanze del rapporto, quello sulla sanità è un investimento redditizio: ogni euro immesso genera un valore della produzione prossimo al doppio.
Questo perché la domanda di beni e servizi attivata dalla spesa sanitaria pubblica si irradia nel resto dell’economia, ampliando il valore della produzione delle imprese, con benefici significativi sull’occupazione, sul valore aggiunto e sul Pil nazionale.
Ma non solo. Incrementare la spesa sanitaria pubblica vuol dire anche espandere l’occupazione: infatti, se la spesa sanitaria pubblica pro capite italiana, pari a 2.226 euro, salisse al valore di quella francese di 3.739 euro (spesa complessiva pari al 10,1% del Pil francese), a parità di potere d’acquisto, la spesa pubblica sanitaria totale italiana crescerebbe di 89 miliardi di euro diventando pari al 10,9% del Pil italiano, con un incremento del totale occupati diretti, indiretti e indotti di 1,5 milioni di unità, per un totale di 3,8 milioni. Nell’ipotesi di un adeguamento della spesa sanitaria pubblica pro capite italiana al valore di quella tedesca, che è pari a 4.702 euro a parità di potere d’acquisto (il totale incide sul Pil tedesco per il 10,9%), la spesa sanitaria pubblica totale del nostro paese sarebbe superiore di 146 miliardi e pari al 13,3% del Pil, mentre il totale degli occupati diretti, indiretti e indotti sarebbe di 4,7 milioni, cioè 2,5 milioni di occupati in più.
Occorre una duplice rivoluzione
In conclusione, per affrontare le nuove sfide che la medicina, la scienza, la tecnologia, l’ambiente e la società ci pongono, occorre una duplice rivoluzione: una interna alla professione, che deve munirsi di tutte le competenze scientifiche e gli strumenti etici necessari. E una intorno alla Professione, che rivaluti e sostenga il Servizio sanitario nazionale, per una sanità pubblica, partecipata, adeguatamente finanziata, con un numero congruo di professionisti, organizzata per rispondere efficacemente agli obiettivi di salute dei cittadini.