Uso degli antibiotici, allevamenti intensivi, guerre, crisi climatica, disuguaglianze sanitarie: aspetti diversi ma concatenati nel determinare una problematica che può essere considerata la pandemia del futuro. Una storia che inizia con le storie di scienziati e ricercatori, come Robert Koch, che identificò il batterio della tubercolosi, ricevendo il premio Nobel per la medicina. O di Alexander Fleming, che scoprì, per una fortuita coincidenza, la penicillina, il primo antibiotico, un presidio fondamentale che accompagnò perfino lo sbarco degli Alleati in Normandia. Ma anche di tanti pazienti vittime di infezioni: dalla polmonite alla sifilide, dalla dissenteria al tetano. Alcune a lieto fine, altre purtroppo no.
Secondo la WHO – World Health Organization – una delle prime dieci minacce alla salute pubblica per l’umanità intera è l’antibiotico resistenza (AMR, Antimicrobial Resistance). Si stima che la resistenza agli antibiotici nel 2050 sarà la prima causa di morte. Ci saranno 10 milioni di decessi ogni anno per microrganismi multiresistenti che possono proliferare a causa dell’uso scorretto ed eccessivo che si fa di questi farmaci. L’Italia è maglia nera in Europa e l’ultima classe di antibiotici scoperta risale agli anni Ottanta. Nel 2021, in Italia, l’utilizzo di antibiotici è stato pari a 17,1 dosi ogni mille abitanti die. Un dato in flessione del 3,3% rispetto al 2020. Tuttavia, nel nostro Paese, i consumi complessivi sono ancora superiori a quelli di molti Paesi europei. Inoltre, è importante preservare l’efficacia degli antibiotici per garantire la salute a tutta la popolazione ma, perché ne permanga l’efficacia è necessario ridurne l’uso inappropriato. Una parte sostanziale dell’uso eccessivo di antibiotici e quindi della antibiotico-resistenza, deriva da prescrizioni inappropriate effettuate nell’ambito delle cure primarie a adulti e bambini con sintomi di infezioni del tratto respiratorio.
L’impiego degli antibiotici
Usarli in modo appropriato (giusto farmaco alla dose giusta per il tempo giusto) è fondamentale per “tenere a freno” i germi più aggressivi, che, proprio a causa dell’uso smodato di questi medicinali, si stanno rafforzando sempre di più. Un’arma utile contro i microrganismi nocivi è senza dubbio la vaccinazione, che, giocando d’anticipo, previene la malattia, limitando di conseguenza l’utilizzazione degli antimicrobici.
Un problema serio e attualissimo, quello dei superbatteri, al quale hanno contribuito, per lungo tempo, anche gli allevamenti intensivi, all’interno dei quali era prassi somministrare agli animali mangime addizionato con antibiotici con un duplice obiettivo: farli crescere più in fretta e prevenire eventuali malattie. Così, durante la macellazione, residui dei farmaci finivano nella carne destinata è essere servita, sotto forma di costine o braciole, sulle nostre tavole.
Le cause dell’antibiotico resistenza
La questione non riguarda, però, solo gli antibiotici che assumiamo o gli alimenti del nostro menù. Ma si estende a problemi globali. Uno su tutti: i conflitti, come quelli che insanguinano anche paesi a noi molto vicini. Le ferite dei soldati, sporche di fango, polvere, frammenti metallici, sono il luogo ideale in cui i batteri possono proliferare, per poi migrare ovunque, visto che – come abbiamo purtroppo imparato durante il Covid – non conoscono barriere, né confini. Anche la crisi ambientale non andrebbe sottovalutata. Recentemente abbiamo visto le drammatiche conseguenze in Emilia Romagna, dove un’alluvione ha causato morti e sfollati, seminando ovunque distruzione. Ebbene, molte ricerche hanno dimostrato che proprio il surriscaldamento del pianeta è in grado di favorire le mutazioni che rendono i batteri più resistenti. Pure le condizioni di povertà sanitaria in cui versano molti Paesi in via di sviluppo (dal Malawi al Kenya, fino all’India) aggravano il problema, perché la mancanza di acqua e di igiene, unita a un uso scorretto dei pochi antibiotici a disposizione, costituisce la “culla” di batteri “cattivi”.
Nuove strategie oltre gli antibiotici
Per fare fronte a tutto ciò, alcuni ricercatori stanno cercando di rintracciare molecole con azione battericida in nuovi habitat naturali, come abissi oceanici, deserti, foreste tropicali, mentre altri hanno testato varie sostanze da somministrare in combinazione con gli attuali antibiotici per aumentarne l’efficacia. È, tuttavia, necessario trovare strategie che vadano oltre gli antibiotici. Una di queste potrebbero essere i batteriofagi, detti semplicemente fagi, virus specializzati nel colpire a morte i batteri. Un’altra i batteri predatori, che, come suggerisce il nome stesso, aggrediscono e annientano altri batteri, pur essendo innocui per gli esseri umani. Un’altra ancora gli anticorpi, farmaci già utilizzati contro il cancro, le malattie infiammatorie e anche contro il Covid-19, sotto forma di plasma convalescente. Infine, una strategia promettente e mirata potrebbe venire dall’ingegneria genetica.
Nel frattempo, ognuno di noi è chiamato a fare la propria parte, con responsabilità. Nell’ottica di una One Health, cioè una salute unica, che includa esseri umani, animali, ambiente. Solo così si riuscirà a preservare, oggi e nel prossimo futuro, la salute di tutti. Gli antibiotici sono strumenti troppo preziosi, indispensabili per il presente e per il futuro.
Istituzioni, case farmaceutiche, medici, allevatori, comunità: ecco cosa fare
Per tirare un po’ le fila, e lanciare suggerimenti e suggestioni, quali sono le importanti azioni da mettere in pratica per ridurre il rischio di malattie infettive e per affrontare (vittoriosamente) la resistenza agli antibiotici che i vari stakeholders devono recepire?
Alle istituzioni internazionali:
– Dare la priorità a strategie e piani di One health, rafforzando la sinergia tra i settori umano, animale, ambientale e costruendo team che abbiano le competenze e le capacità di prevenire, rilevare, controllare le minacce per la salute, rispondendo in modo tempestivo ed efficace.
– Promuovere la collaborazione tra enti pubblici e aziende private.
– Aumentare gli investimenti per supportare lo sviluppo di nuovi antibiotici e terapie. È necessario un programma di incentivi paragonabile a quello di cui beneficiano gli impianti per le energie rinnovabili, anche tenendo conto del fatto che la spesa dopo l’esplosione di una crisi sanitaria è sempre superiore rispetto a quella necessaria per affrontare il problema in fase iniziale, come Covid-19, Sars, Ebola hanno dimostrato.
– Sostenere i sistemi sanitari dei Paesi in via di sviluppo, più deboli e sottofinanziati.
Alle istituzioni nazionali:
– Aumentare i finanziamenti per una sanità pubblica, equa, universale, inclusiva, resiliente, l’unica in grado di affrontare, di concerto con altre nazioni, le crisi sanitarie su ampia scala.
– Sostenere l’uso responsabile e prudente degli antibiotici anche attraverso l’organizzazione di campagne di formazione, informazione, sensibilizzazione.
– Rafforzare la sorveglianza epidemiologica nazionale, ma anche regionale e locale.
Alle aziende farmaceutiche:
– Garantire sicurezza, efficacia, qualità degli antibiotici prodotti e il corretto smaltimento delle componenti di scarto.
– Consentire la tracciabilità delle materie prime utilizzate.
– Evidenziare, al momento della fornitura, il rischio di resistenza agli antibiotici e la necessità di un uso appropriato.
– Impegnarsi nella ricerca, dando priorità allo sviluppo di alternative agli antibiotici, vaccini, test diagnostici rapidi e accessibili.
Ai medici:
– Limitare la prescrizione degli antibiotici ai casi in cui sono veramente necessari, attenendosi alle linee guida basate sull’evidenza.
– Quando è possibile, prescrivere antibiotici specifici contro l’infezione e non ad ampio spettro.
– Spiegare bene al paziente dosaggio, durata del trattamento, possibili effetti indesiderati del farmaco.
– Suggerire all’assistito come alleviare i sintomi di malattie virali (per esempio, raffreddore e influenza) senza ricorrere agli antibiotici.
– Applicare le buone pratiche di prevenzione e controllo delle infezioni, inclusi l’igiene delle mani, lo screening dei pazienti potenzialmente infetti, l’isolamento dei pazienti infetti o portatori di infezioni, la supervisione sulla sterilizzazione degli strumenti.
Agli allevatori:
– Somministrare gli antibiotici agli animali solo se prescritti dal veterinario, rispettando la dose e la durata del trattamento.
– Acquistare gli antibiotici da fonti autorizzate (l’istituzione della ricetta elettronica in ambito veterinario va in questa direzione).
– Registrare i trattamenti, come richiesto dalla legge.
– Rispettare le buone pratiche che riguardano l’alimentazione degli animali e l’igiene negli allevamenti.
– Sottoporre il bestiame ai programmi vaccinali.
Ai cittadini tutti:
– Utilizzare gli antibiotici solo con la prescrizione del medico.
– Assumere le dosi consigliate, senza eccedere o ridurle, non interrompere la terapia prima del tempo indicato o procedere per un tempo eccessivo.
– Eliminare le dosi di antibiotico avanzate in modo corretto. In questo caso bisogna rivolgersi al farmacista: provvederà lui allo smaltimento o informerà su come fare.
– Lavarsi spesso le mani con acqua e sapone o con disinfettanti a base di alcol.
– Maneggiare correttamente il cibo per ridurre le possibilità di contatto con batteri nocivi: per esempio, separare il crudo dal cotto, cuocere gli alimenti accuratamente, lavare con attenzione frutta e verdura.
– Prediligere un’alimentazione a base di legumi, verdura, frutta, cereali integrali, riducendo al minimo il consumo di carne.
– Prestare attenzione quando si va al supermercato: leggere le etichette degli alimenti e, se proprio si decide di acquistare la carne, preferire quella proveniente da allevamenti all’aria aperta, biologici, non intensivi.
– Aderire a tutte le vaccinazioni raccomandate, soprattutto se si fa parte delle fasce di popolazione più a rischio, come anziani e malati cronici.
Una volta Kofi Annan, ex segretario generale delle Nazioni Unite, disse: “Spesso non ci rendiamo pienamente conto del fatto che il cambiamento climatico è un problema. Pensiamo sia un problema in attesa di accadere. Lo stesso vale per l’uso degli antibiotici”. Siamo abituati ad associare l’emergenza a eventi come un incidente aereo, un attacco terroristico, un’alluvione, un terremoto: per i superbatteri dovremmo avere lo stesso senso di urgenza, che, però, non abbiamo. Tuttavia, se continueremo ad agire senza alcuna fretta o, peggio, a non agire, le conseguenze saranno gravi per tutti.
Dobbiamo, dunque, scoraggiarci? No. Dobbiamo spaventarci? Nemmeno. Dobbiamo, però, assumerci subito delle responsabilità. Istituzioni, medici, cittadini… ognuno ha un ruolo diverso e diverse opportunità di apportare cambiamenti. A ciascuno viene offerta una scelta: accettare la sfida o evaderla, assolvere gli obblighi o evitarli, accogliere i suggerimenti o trascurarli. Nel novembre del 1936 Winston Churchill tuonò: “L’era dei rinvii, delle mezze misure, degli espedienti ingannevolmente consolatori, dei ritardi è da considerarsi chiusa. Ora inizia il periodo delle azioni che producono delle conseguenze”. Ecco, dobbiamo essere consapevoli del fatto che anche una piccola, singola azione, sommata alle altre, produce conseguenze oggi e per il futuro. Responsabilità significa questo: scegliere, agire e farsi carico delle conseguenze. Con il giusto sforzo, possiamo impedire ai superbatteri di vincere. Dipende da noi.