È ormai noto che moltissimi sistemi sanitari, oggi, offrano i propri servizi a cittadini che provengono da altri Paesi, fino a oltre i confini europei. Mentre esistono specifiche direttive comunitarie che regolano la libera circolazione dei pazienti nell’ambito dell’Unione europea, eventuali cure prestate a cittadini non-UE vengono, allo stato attuale, concepite prive di specifici accordi governativi e legate, esclusivamente, all’attività di ricerca svolta dell’utente per assicurarsi la migliore possibilità di cura. Alcuni Stati, addirittura, già a livello governativo, scelgono essi stessi di adottare una strategia legata alla promozione di cure all’estero come risposta ai bisogni di salute complessi dei propri cittadini.
Innanzitutto, occorre osservare che il nostro continente presenta una peculiarità che non ha eguali: è l’unica area, infatti, che contempla sistemi di copertura universalistica e solidaristica e tali sistemi affondano le proprie radici nella storia. Nella loro naturale evoluzione, si sono materializzati nell’adozione di diverse tipologie di finanziamento, spesso diverse a livello nazionale, ma pur sempre orientate ai crismi dell’equità.
Si tratta di una “vocazione” che non solo ha influito positivamente sulla salute dei cittadini stessi (al di là, certo, dei problemi che i singoli SSN devono affrontare in relazione a un bisogno in crescita e a risorse sempre meno adeguate), ma li ha resi anche più efficienti ed efficaci: laddove la casistica trattata è molto alta, d’altra parte, tanto è il tempo, oltre che le risorse, dedicato all’organizzazione dei sistemi di salute e all’analisi degli outcome.
Curarsi all’estero: gli esempi di Germania, UK, Turchia e Cuba
Alcuni di questi sistemi – penso, per esempio, a quelli che riguardano Germania e UK – sono noti per avere un’ottima capacità di attrazione di pazienti da altre nazioni, probabilmente anche in relazione alle condizioni geopolitiche e culturali che li contraddistinguono o li hanno contraddistinti. Altri Paesi – per esempio, la Turchia -, pur disponendo di sistemi sanitari organizzati più recenti, hanno fatto dell’attrazione di pazienti provenienti dall’estero un elemento distintivo, tanto da ricevere anche un supporto governativo. Altri Paesi ancora – e insospettabili, come Cuba – considerano, addirittura, questa attività, insieme all’offerta di servizi nella forma della solvenza, come una linea di finanziamento tesa a mantenere la sostenibilità di un sistema sanitario universalistico per i propri cittadini.
Sgombriamo il campo da un equivoco: una scelta inquadrata in quest’ottica non va a contrarre la capacità produttiva dedicata ai propri cittadini per metterla a disposizione di altri o a incrementare i tanto vituperati “tempi di attesa” per accedere a prestazioni sanitarie. In primis, assumiamo che quando i cittadini di altri Paesi, anche non vicini, si rivolgono ai nostri sistemi sanitari regionali sia per prestazioni di alta e altissima complessità; quelli che, con linguaggio assicurativo, potremmo chiamare sinistri “di valore” e non “di frequenza”.
In secondo luogo, va sottolineato che la linea di produzione detta “solvente” o “intermediata” è separata dalla linea di produzione che risponde ai bisogni “prossimi” dei cittadini, sia in termini di tempo (si svolge in un momento diverso) sia in termini di finanziamento; tutte le prestazioni erogate per conto del SSN, sia da strutture pubbliche che da strutture private, infatti, sono soggette a un budget massimo annuale, superato il quale le stesse non vengono più remunerate.
Si tratta, quindi, di una produzione effettuata con modalità e regole separate che non solo non sottrae disponibilità ai nostri cittadini ma favorisce, allo stesso tempo, il mantenimento di una sostenibilità economica (e tecnologica) dei nostri sistemi sanitari regionali.
Tale linea di sviluppo, peraltro, porta con sé investimenti tecnologici continui, attrazione e retention di professionisti, sollecitando anche il rientro dall’estero di competenze che altrimenti sarebbero perse. Una circostanza che, nel lungo periodo, può consentire alle nostre strutture di ingaggiare e mantenere i migliori talenti a beneficio dell’intera comunità: penso, in particolare, a sistemi di fellowship o training e visiting program, che possono favorire lo sviluppo professionale di uomini e donne, a beneficio del loro Paese di provenienza.
I vantaggi di una competizione globale
Come evidenzia il caso del sistema sanitario cubano, una direzione di questo tipo potrebbe generare pure la creazione di un flusso di risorse preziose capaci di tenere alto il livello di eccellenza. Del resto, la possibilità d’investire nel sistema sanitario stesso (anche attraverso la promozione del ruolo di azienda delle singole strutture ospedaliere pubbliche) è la conditio sine qua non per mantenerlo sempre all’avanguardia nella competizione globale e di renderlo in grado di raccogliere alcune sfide cruciali: tra le altre, l’invecchiamento della popolazione, la medicina personalizzata e l’innovazione tecnologica e prestazionale.
Per questa ragione, occorre sempre di più sostenere i Paesi che dimostrano una chiara propensione a metodi innovativi, interessati a sostenere la crescita dei sistemi sanitari. Anzi, sono dell’idea che sia sempre più necessario supportarli con un advisoring strutturato che metta a disposizione le migliori competenze: nel nostro caso, le eccellenze straordinarie italiane e lombarde sviluppate in più 40 anni di lavoro sul nostro SSN.
Tra l’altro, in Italia, dove la libera scelta del luogo di cura rappresenta uno dei pilastri del sistema stesso, già oggi rileviamo un flusso di pazienti che, ogni giorno, si rivolge a centri di rilievo nazionale (e internazionale) per ottenere una risposta di alta qualità e in grado di meglio soddisfare i propri bisogni di salute. Essi, spesso, sono consigliati dagli stessi professionisti che li hanno presi in carico e che, in scienza e coscienza, suggeriscono loro il miglior percorso possibile. Si tratta di un modello da promuovere sempre di più: mi riferisco, in particolare, alla necessità di indirizzare sulla stessa via anche altri sistemi sanitari che, attraverso la collaborazione e la concertazione, possono poi elevare il livello della loro risposta, sapendo di poter contare, con continuità e garanzia, sull’eccellenza dei nostri sistemi sanitari.
Valorizzare la rete di eccellenze italiane nei sistemi sanitari extra-UE
Come Assolombarda, in collaborazione con il Cluster Lombardo Scienze della Vita, dal 2015 stiamo attivamente promuovendo l’ecosistema healthcare della Regione, attraverso una partnership virtuosa tra pubblico e privato, nel tentativo di promuovere le migliori eccellenze del sistema regionale sullo scenario globale. Grazie all’adesione agli EXPO (Milano e Dubai su tutte), abbiamo avuto modo di creare, per esempio, connessioni con sistemi sanitari extra-UE; con l’area GCC (Gulf Cooperation Council che comprende Arabia Saudita, Bahrein, Emirati Arabi Uniti, Kuwait, Oman e Qatar, ndr) la sinergia attuata si sta rivelando molto promettente grazie, soprattutto, agli ambiziosi progetti di sviluppo che stanno caratterizzando tutti i Paesi dell’area (un esempio è la strategia “Vision 2030” dell’Arabia Saudita).
In questo caso, attraverso una proposta multi-stakeholder che mira a offrire partnership – incardinate sulla gestione di reparti di alta specializzazione negli ospedali, sui programmi di scambio di professionisti e sulle second opinion – possiamo far conoscere, in modo strutturato, i nostri sistemi sanitari, evidenziando le caratteristiche salienti e la presenza di una rete strutturata di erogatori. Non si tratta di promuovere singole eccellenze, bensì una rete che ha il merito di svolgere attività per il sistema sanitario nazionale stesso, valorizzando i suoi elevati standard di eccellenza.
È in quest’ottica che l’Associazione ha anche creato un apposito sito web che raggruppa le migliori eccellenze lombarde, promuovendole in modo coordinato. Un progetto multimediale che fornisce una piattaforma anche per la collaborazione con il Ministero del Turismo per i contenuti del verticale healthcare del Tourism Digital Hub.
I 4 pilastri per promuovere il SSR
Ma la valorizzazione delle eccellenze cliniche è solo uno dei quattro pilastri che devono caratterizzare una strategia industriale di promozione di un SSR. Il tutto, infatti, deve fondersi in un’azione di ampio respiro che, a partire dall’attrattività dei trials clinici da parte dei centri di ricerca, ci conduca attraverso un modello di technology transfer coordinato e condiviso alla messa a disposizione del Sistema Sanitario stesso delle innovazioni in grado di migliorare la cura dei pazienti. Questa strategia può, oggi, davvero favorire la crescita del sistema stesso a beneficio dei cittadini italiani.
Per giungere a un consolidamento di questi trend, ritengo che non serva un particolare investimento da parte del Governo nella creazione di organismi che si impegnino nella promozione all’estero della qualità dei nostri sistemi sanitari. Occorre, piuttosto, che l’iniziativa privata – spesso condotta da Associazioni e Cluster – abbia un supporto istituzionale e sia accompagnata da una promozione del nostro sistema healthcare da parte delle rappresentanze diplomatiche all’estero e dagli uffici dell’ICE.
Si tratta, peraltro, di una linea di sviluppo analoga a quella promossa per valorizzare altre eccellenze nazionali. In questo caso, intervenendo in un settore socialmente rilevante come quello della salute, possiamo davvero disegnare un modello che sia realmente win win per tutti. Diventare advisor di altre nazioni per la promozione di un sistema universalistico ed equo, la condivisione di competenze per formare il personale locale, il supporto nell’organizzazione delle reti ospedaliere può rappresentare, oggi, un elisir di lunga vita anche per i nostri sistemi sanitari regionali.