La depressione maggiore è un disturbo mentale che non solo è ampiamente diffuso nella popolazione, ma è in continua crescita e rappresenta uno dei principali problemi nell’ambito della salute pubblica. Si tratta di uno dei disturbi dell’umore a più elevata comorbidità ed anche una delle principali cause di invalidità temporanea e permanente in tutte le popolazioni mondiali.
Sono oltre 330 milioni le persone colpite da questa grave patologia, che determina – senza fare eccezioni – una marcata sofferenza individuale, ma anche familiare e sociale. Una malattia che, sempre più di frequente, esordisce durante gli anni dell’adolescenza (una tendenza in crescita negli ultimi 10 anni), ma può capitare anche tra i 20 e i 30 anni, con un picco nella decade successiva: si tratta, come è facilmente intuibile, del periodo più florido e produttivo della vita, con gravi ripercussioni sul piano affettivo-familiare, socio-relazionale e professionale.
La patogenesi è multifattoriale e legata alla combinazione di fattori genetici (quindi, la familiarità), vulnerabilità individuali, aspetti di personalità, problemi psicologici e relazionali, oltre a elementi stressanti socio ambientali.
Oltre 330milioni di persone, ma la maggior parte sono donne
Il sesso femminile, nel mondo come anche in Italia, presenta un rischio di sviluppare il disturbo doppio rispetto al sesso maschile. Le fasce di età più giovani risultano le più colpite. Gli effetti più rilevanti di questo disturbo si manifestano nella riduzione della qualità della vita che coinvolge le dimensioni psicologiche, relazionali, sociali e lavorative. In particolare, questo ultimo aspetto presenta particolare importanza, in quanto colpisce, a differenza di altre patologie mediche croniche e invalidanti, persone in una fase della vita lavorativamente ancora attiva.
Molto complesse sono le origini della depressione. Al di là di una componente genetica, tra i diversi fattori causali viene riconosciuto il ruolo degli ormoni femminili e, infatti, la depressione si presenta più frequentemente nelle fasi della vita della donna in cui si verificano i grandi cambiamenti ormonali: pubertà, gravidanza e puerperio, climaterio e menopausa.
Si ritiene, poi, che le donne per natura tendano a vivere con maggior coinvolgimento e più alta risonanza emotiva le relazioni sociali e affettive: elemento, questo, che potrebbe renderle più vulnerabili alla malattia. A ciò si aggiunge il profondo cambiamento del ruolo della donna all’interno della società, che la vede sempre più impegnata su molteplici fronti e quindi sottoposta a un forte stress fisico e psico-emotivo: l’aumento della quantità di lavoro, i maggiori carichi di responsabilità associati a ruoli professionali apicali e di rilievo da conciliare con la famiglia (oltre ai figli, sono anche da considerare anche i genitori anziani, spesso non autosufficienti), l’acquisizione di abitudini di vita scorrette, i disturbi del sonno sono tutti fattori ad alto rischio.
Significativi sono anche la violenza, fisica e psicologica, di cui sono purtroppo vittime le donne, nella maggior parte dei casi fra le stesse mura domestiche, nonché condizioni di diseguaglianza e discriminazione, assai più diffuse di quanto si possa immaginare, anche in Paesi avanzati.
Non un unico fattore determinante ma una combinazione di più concause
Fattori ambientali, biologici, genetici, personologici, da stress, da malattie organiche e da farmaci. Determinate condizioni di vita come uno stress esasperato, un dolore, troppi alcolici, abuso di droghe, possono scatenare la depressione. Altre forme di depressione sono collegate ad una forte componente esterna e ambientale e ad eventi spiacevoli (come una perdita, un lutto, la separazione da una persona amata, la disoccupazione, malattie, isolamento sociale e affettivo) e da come vengono affrontati.
Ancora, come nel caso del disturbo bipolare, altre forme depressive hanno una significativa componente ereditaria genetica, anche se possono essere causate da eventi esterni. Alcuni fattori personologici come la scarsa stima di sé, la tendenza al pessimismo e alle preoccupazioni, possono contribuire a sviluppare una labilità emotiva ed una minore capacità di adattamento agli stress, facilitando lo sviluppo della malattia.
Vi sono, infine, numerose malattie fisiche che possono indurre depressione come malattie cardiache, diabete, broncopatie croniche, tumori, morbo di Parkinson, sclerosi multipla, malattie endocrine a carico della tiroide o delle surrenali, malattie infettive infiammatorie come AIDS, artrite reumatoide, malattie gravi come anemie, deficit vitaminici. Inoltre, alcolici, sedativi, cocaina, amfetamine possono favorire lo sviluppo di depressione.
Una malattia molto diffusa ma che riceve poca diagnosi e trattamento
Purtroppo, i soggetti che, affetti da depressione, ricevono adeguata diagnosi e trattamento sono ancora una quota parziale che non arriva al 50%: ciò spiega almeno parzialmente gli elevati costi indiretti associati a questo disturbo.
La depressione è una malattia molto diffusa che, nel corso dell’esistenza, colpisce almeno una volta nella vita da 1 persona su 5 a 1 su 3, si caratterizza per un’alterazione dell’umore, tristezza di diversa gravità, senso di solitudine, mancanza di speranza, contrarietà, sensi di colpa e dubbi.
Alcune persone possono provare questi sentimenti occasionalmente, altre hanno episodi più frequenti o con effetti più durevoli nel tempo. La depressione non è un’idea o un sentimento insondabile o comprensibile, ma una malattia vera a propria che può durare mesi o anni. Se si hanno dei parenti diretti ammalati di depressione il rischio di soffrirne può essere il triplo rispetto alla popolazione generale.
Ogni tre persone ammalate due sono donne. Oltre ad avere una aumentata possibilità di ammalarsi nel corso della vita, le donne tendono a riferire, rispetto agli uomini, un maggior numero di sintomi. La vulnerabilità delle giovani generazioni sembra aumentata, probabilmente ciò è dovuto a molti fattori: uso di sostanze, cambiamento climatico, inquinamento, pandemia, dieta e ai cambiamenti occorsi nella struttura familiare, sociale e occupazionale, uniti al generale incremento dell’urbanizzazione. L’aspetto, comunque, più allarmante è che, per tutti, il rischio di ammalarsi è aumentato durante tutto l’arco del ventesimo secolo, del 18% dal 2005 al 2015 e dal 2020 del 25% con la pandemia.
Reazione a un evento o depressione?
Un episodio deve durare almeno 2 settimane in modo continuativo per configurarsi come un disturbo psichiatrico. È, questo, un elemento importante per distinguere reazioni ad eventi da una condizione clinica che necessita di un trattamento. Per quanto riguarda le manifestazioni cliniche, l’episodio si caratterizza per umore deflesso o perdita di piacere o interesse per la maggior parte delle attività della vita quotidiana. Questi sono sintomi cardine nella definizione della patologia. A questo si associano altri sintomi che coinvolgono alterazioni del peso e dell’appetito, del sonno, agitazione o rallentamento, faticabilità, diminuzione marcata della stima di sé, disturbi di concentrazione e pensieri di morte o comportamenti suicidari.
Come capire quando si è in presenza di un disturbo psichiatrico
L’andamento ricorrente del disturbo depressivo è la regola, dopo un primo episodio la probabilità di andare incontro ad una recidiva è di circa 50%. Dopo due episodi la probabilità di un terzo episodio sale al 90%. Ogni episodio tende a presentarsi più precocemente e più bruscamente di quelli precedenti, spesso compaiono più sintomi e di maggiore gravità. Nonostante l’elevato rischio di suicidio, la patologia depressiva espone i soggetti ad un aumentato rischio di morte anche e soprattutto per patologie respiratorie e cardio/cerebrovascolari più precocemente rispetto alla popolazione generale.
L’episodio depressivo dura mediamente 12 settimane. In circa il 15% dei soggetti con depressione non è osservabile nella loro storia di malattia un solo anno libero da ricadute. Circa il 50% degli episodi depressivi non viene diagnosticato in quanto il sintomo cardine dell’umore deflesso appare poco evidente e la condizione si caratterizza per altre manifestazioni sintomatologiche. Mancanza di energia, sintomi somatici o ipocondriaci, disturbi del sonno, difficoltà di concentrazione e perdita di piacere nelle attività della vita quotidiana possono configurare un quadro in cui il paziente risulta del tutto inconsapevole del disturbo depressivo. Sono condizioni per le quali risulta necessaria un’elevata competenza diagnostica e trattamentale. Si osserva con frequenza in soggetti anziani. Questi pazienti vivono in una condizione di perenne sofferenza soggettiva e disabilità funzionale. Necessitano di interventi integrati e complessi di tipo specialistico per poter raggiungere i migliori risultati possibili.
Prevenire la depressione si può
La deflessione dell’umore può avere cause sia psicologiche che fisiche. Il mancato rispetto delle regole di igiene del sonno ed uno scorretto stile di alimentazione possono, nel tempo, provocare una cattiva forma fisica che rende il soggetto vulnerabile alla depressione. Sono attualmente 7 i fattori di stile di vita che possono contrastare e ridurre il rischio di depressione.
- Buon Sonno (7-9 ore) riduce del 22%
- Astenersi dal fumo riduzione 20%
- Buona rete e vita sociale riduce del 18%
- Regolare attività fisica 15%
- Moderata sedentarietà riduzione 13%
- Riduzione consumo di alcool riduce 11%
- Dieta sana riduzione del 6%
La cura
Il trattamento dei disturbi depressivi si basa fondamentalmente su interventi di varia natura che possono essere usati singolarmente o in modo associato. In generale gli interventi terapeutici sono di due tipi: biologici e non biologici.
Gli interventi biologici possono a loro volta essere distinti in interventi farmacologici e non farmacologici (terapia della luce), mentre quelli non biologici possono essere distinti in psicoterapeutici e non-psicoterapeutici. Ogni programma di trattamento deve sempre fondarsi su una accurata valutazione clinica e sulla scelta delle modalità di intervento terapeutico più adeguate, in funzione delle caratteristiche di ciascun caso specifico e delle indicazioni e controindicazioni previste per ogni modalità di trattamento.
Fra le terapie biologiche un ruolo fondamentale ha la farmacoterapia, mentre fra le terapie non biologiche ha un ruolo preminente la psicoterapia. Qualunque sia la modalità prescelta, l’intervento terapeutico va preliminarmente spiegato per quanto riguarda le finalità, le modalità con cui verrà attuato e la durata prevedibile, i risultati attesi e i possibili rischi ad esso connessi, in modo da garantire al paziente il massimo livello di informazione possibile e l’espressione di un consenso realmente informato al trattamento.
A prescindere dall’attuazione di un intervento psicoterapeutico in senso stretto, la cura della depressione non può prescindere dalla creazione di una significativa relazione terapeutica col paziente e dall’assunzione da parte del curante di un atteggiamento supportivo, necessario a sostenere psicologicamente il paziente stesso durante tutte le fasi della cura.