Mai come quest’anno il sistema della formazione post laurea e delle scuole di specializzazione di area sanitaria ha richiamato l’attenzione non solo del mondo medico e degli addetti ai lavori ma anche del grande pubblico.
E’ ormai evidente che alcune specialità sia mediche che chirurgiche sembrano aver perso attrazione o interesse per i neolaureati in Medicina E Chirurgia che devono affrontare il test di ammissione nazionale. I dati disponibili e riferiti appunto all’ultimo esame del luglio scorso ci ritornano un quadro desolante con un 30% di posti non coperti che, per alcune specialità come la Medicina di Emergenza, la Radioterapia, la Medicina di Laboratorio ed altre, raggiunge e supera il 70-80% .
Se a ciò aggiungiamo la persistente carenza di personale medico nei nostri ospedali, in particolare nei reparti di Pronto Soccorso ed Emergenza, si comprendono le preoccupazioni per l’arrivo di quella che potrebbe essere definita una “tempesta perfetta“.
Tralasciando qui le motivazioni più generali di queste scelte che confermano una generale preferenza per le specialità con organizzazione lavorativa più leggera e relativo miglior impatto sulla qualità di vita e, al tempo stesso, in grado di offrire maggiori possibilità di attività libero professionale, alcuni aspetti specifici del progetto formativo dovrebbero essere attentamente valutati in ottica di revisione e di adattamento ad un contesto profondamente mutato.
Dobbiamo subito ammettere che in Italia vi sono oggi troppi posti disponibili per il numero di Scuole di Specializzazione esistenti e le loro reali capacità formative. Se confrontiamo, ad esempio, il sistema delle scuole di chirurgia generale in Italia (60 milioni di abitanti) con quello degli USA (300 milioni di abitanti) – paese al quale molti dei nostri giovani continuano a guardare con interesse -, troviamo 680 posti di chirurgia generale suddivisi in 42 Scuole di Specializzazione di Chirurgia Generale (con una media di 16 contratti formativi per anno per Scuola di Specializzazione) in Italia, contro 1200 posti di residents in general surgery per anno suddivisi in 260 programmi nazionali (in media 4,5 posti per programmi) negli USA.
Senza approfondire i motivi che hanno portato a questo aumento così marcato dell’offerta di posti, e che vanno al di là di questa analisi, ciò ha verosimilmente determinato un affollamento di alcune Scuole con ripercussioni sulla qualità dell’offerta formativa, specie in termini di numerosità, ad esempio, della casistica chirurgica disponibile per gli specializzandi.
In secondo luogo, è opportuna una riflessione anche sulle modalità di selezione, ovverosia del test unico nazionale: si tratta certamente di una prova molto “democratica“, lasciando a tutti gli aspiranti la possibilità di scegliere la sede di lavoro più gradita, con la sola variabile del migliore posizionamento in graduatoria (first come, first served).
Tuttavia, è evidente che questo sistema espone maggiormente al rischio di rinunce e abbandoni (quest’anno intorno al 35%!), legato principalmente a scarse motivazioni, specie nei candidati posizionati nelle posizioni meno brillanti della graduatoria e le cui possibilità di scelta sono spesso molto limitate.
Questo fenomeno, particolarmente evidente nell’ultimo biennio, ha infatti riacceso la discussione sulla bontà dell’attuale sistema di selezione nazionale: secondo alcuni, le possibilità di scelta del candidato andrebbero, ad esempio, limitate a una sola delle tre aree tematiche (chirurgica, medica e dei servizi) e, forse, anche integrato da un colloquio conoscitivo e attitudinale (peraltro presente in numerosi altri paesi, sia europei che non). E da più parti si torna a parlare di una selezione su base locale, come avveniva nel passato, che potrebbe contribuire a ridurre i rischi di abbandoni legati a scelte poco motivate.
Al proposito, giova ricordare come circa il 50% degli studenti di Medicina maturano la scelta definitiva della branca professionale durante gli ultimi anni dell’università (dati USA, ma è facilmente ipotizzabile che lo stesso avvenga anche nel nostro paese); da ciò deriva un altro aspetto molto importante, al quale porre attenzione, cioè la necessità di un forte lavoro di orientamento sugli studenti con esposizione a corsi specifici di introduzione alla attività chirurgica, e a frequenze dedicate nei reparti chirurgici a partire dal triennio clinico.
Il tema dell’orientamento vocazionale degli studenti di Medicina – sia in fase di immatricolazione che in itinere – è ora oggetto di attenzione e di progetti specifici finanziati dal Ministero dell’Università e della Ricerca.
Da qualche anno gli specializzandi del nostro paese hanno poi a disposizione dei questionari molto completi, elaborati dal Ministero dell’Università e della Ricerca, con l’obiettivo di raccogliere – in modo del tutto anonimo – le loro segnalazioni sui diversi aspetti del sistema delle scuole di specializzazione. I risultati dell’ultima rilevazione effettuata a fine dello scorso anno (con > 70% di risposte e disponibili ora per la consultazione) ci ritornano comunque un quadro con luci e ombre come prevedibile: a fronte di aspetti molto positivi, come l’attenzione ai temi sociali (quali il rispetto degli orari di lavoro e dei riposi), e al coinvolgimento nelle attività di ricerca scientifica, sono segnalate invece evidenti problematiche nel raggiungimento di una casistica chirurgica adeguata, e tale da fornire al medico specializzando il livello di autonomia desiderato.
Anche se con forti differenze tra le diverse Scuole di Specializzazione (ne ritroviamo alcune senza abbandoni e altre dove purtroppo le immatricolazioni sono minime rispetto ai posti disponibili), è questo certamente il punto centrale da attenzionare, con azioni mirate tese a:
- Rivedere i numeri generali dei posti disponibili e i criteri di assegnazione dei posti alle singole scuole (vanno in generale ridotti e meglio distribuiti, tenendo in considerazione la reale consistenza delle reti formative);
- Revisionare il curriculum formativo introducendo un modello il più uniforme possibile sul territorio nazionale, e valutazioni stringenti dei livelli chirurgici raggiunti;
- Introdurre e formalizzare una maggiore autonomia decisionale dello specializzando, specie negli ultimi anni di formazione;
- Retribuirli meglio, anche attraverso una modifica della loro tipologia contrattuale.
Time is now!