La salute è un diritto di tutti? Le spese mediche rischiano di impoverire le famiglie
La salute è un diritto di tutti, tutelato dalla Costituzione italiana. I principi fondamentali su cui si basa il Servizio Sanitario Nazionale a partire dalla sua istituzione, avvenuta con la legge n. 833 del 1978, sono l’universalità, l’uguaglianza e l’equità. Questo significa garantire l’estensione delle prestazioni sanitarie a tutta la popolazione: quindi, la possibilità di accedere alle prestazioni del SSN senza nessuna distinzione di condizioni individuali, sociali ed economiche, ma solo sulla base di uguali bisogni di salute.
Eppure, sempre più spesso, i cittadini mettono mano al portafoglio per potersi curare. Il 75% delle famiglie dedica una parte dei propri consumi alle spese mediche. Sono oltre un milione e trecentomila le famiglie che spendono mensilmente oltre il 20% dei propri consumi non essenziali per pagare cure mediche per uno o più dei suoi membri (quelle che l’OMS definisce “spese mediche catastrofiche”). Il fenomeno è eterogeneo, così come lo è la sanità regionale. Le differenze tra le regioni del Centro-Nord e del Sud si sono ampliate in questi anni. E se da un lato, in termini relativi, è soprattutto al Sud che si osserva che le famiglie rischiano di essere soggette a spese catastrofiche, con la Calabria, ad esempio, in cui quasi il 10% di famiglie ogni mese vede una larga fetta di consumi assorbita da spese mediche; dall’altro, è fondamentale capire quali sono i bisogni sanitari che portano le famiglie a spendere di tasca propria per curarsi.
I dati Istat
Dai consumi mensili registrati dall’ISTAT nell’indagine annuale, è possibile scomporre la spesa sanitaria in spesa per medicinali, per servizi dentistici, e altre spese di vario genere. Ed è così possibile notare come il 56% delle famiglie italiane, mensilmente, spenda per medicinali di tasca propria: del totale, la minima parte spetta alle regioni del Centro-Nord, mentre la maggior parte (circa il 60%) spetta alle regioni del Sud, che vedono la Sicilia come capofila, superando il picco del 65% solo nell’isola.
Comportamento opposto si osserva se si analizzano le spese per servizi dentistici, con circa il 15% delle famiglie che mensilmente sostengono spese per questo genere di servizi. Questa volta sono le famiglie Centro-Nord ad avere percentuali più alte, con un picco di quasi il 20% di famiglie in Friuli Venezia Giulia; mentre al Sud meno del 10% delle famiglie (in Campania solo l’8,8%) mensilmente si prende cura dei propri denti.
Come interpretare questi dati? Se da un lato i medicinali sono spesso necessari e fondamentali per una vita in buona salute, le cure dentistiche non lo sono necessariamente. Ed è così che laddove c’è maggiore capacità di consumo, nel Centro-Nord, si ha la forza economica per spendere anche per servizi dentistici, mentre al Sud, in cui la capacità di spesa è notevolmente inferiore, si preferisce (o si è costretti a) non spendere per curarsi se non strettamente necessario. Infatti, c’è una componente economica forte che guida le scelte delle famiglie in ambito di sanità. Chi “decide” di ricorrere a servizi dentistici deve spendere in media ogni mese dai 230€ in Lombardia ai 115€ in Puglia; servizi, quindi, con un impatto importante sui bilanci delle famiglie, a cui si rinuncia laddove si sia in difficoltà economiche.
Curarsi è per tutti?
Curarsi non è più per tutti, e per farlo si rischia di impoverirsi. Sono quasi 400mila le famiglie che rischiano di finire sotto la soglia di povertà relativa per potersi curare. Anche in questo caso è al Sud il maggiore rischio, con la Calabria tristemente fanalino di coda con oltre il 4% di famiglie a rischio impoverimento. Al Sud ci si impoverisce per pagare medicinali e servizi ospedalieri (visite, esami, etc.) e si rinuncia alle cure mediche non strettamente necessarie. Inoltre, diventare poveri comporta un radicale cambiamento delle abitudini, anche quelle alimentari, delle famiglie. Infatti, sempre con riferimento all’indagine ISTAT sui consumi delle famiglie, le famiglie povere riducono drasticamente i consumi di pesce e prodotti ittici, a favore di un incremento di pane e cereali, modificando la composizione del carrello della spesa. Un effetto indiretto dell’impoverimento causato dal dover sostenere spese mediche di tasca propria, che non deve essere sottovalutato.
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