Parola d’ordine: prevenzione. Il Governo italiano dichiara guerra al Fentanyl varando il Piano contro l’uso improprio del farmaco e degli altri oppioidi sintetici, tra i primi Paesi in Europa. L’emergenza della “droga degli zombie” sta dilagando negli Stati Uniti, dove l’abuso dell’oppioide è la principale causa di morte tra gli adulti di età compresa tra i 18 e i 45 anni. Oltre 70mila decessi causati solo nel 2022, facendo registrare un aumento di quasi il 300% negli ultimi 5 anni.
Nel 2021, gli Stati membri dell’UE hanno riportato all’Osservatorio europeo delle droghe e delle tossicodipendenze (EMCDDA) 137 decessi associati al fentanyl: 88 registrati in Germania, 18 in Lituania, 9 in Austria, 6 ciascuno in Danimarca e Finlandia, 4 in Estonia, 2 ciascuno in Slovenia e in Portogallo, 1 ciascuno in Ungheria e in Lettonia.
E l’Italia?
Come evidenzia il Dipartimento Politiche Antidroga della Presidenza del Consiglio dei Ministri, dal 2016 il Sistema nazionale di allerta rapida del Dipartimento per le Politiche Antidroga ha diffuso, a tutto il network dei Centri Collaborativi e delle Istituzioni di pertinenza presenti sul territorio nazionale, 2 comunicazioni per decessi associati all’uso di fentanyl (uno nel 2018 e uno nel 2019), 5 comunicazioni riguardanti intossicazioni non fatali e 2 segnalazioni relative al consumo riscontrato dall’analisi di campioni biologici di persone in trattamento presso i Serd.
Nel nostro Paese dunque «non c’è un’emergenza Fentanyl» ma «c’è negli Usa e non essendoci frontiere invalicabili è bene non trovarsi scoperti», ha spiegato il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, Alfredo Mantovano, con delega al Dipartimento per le Politiche Antidroga. Ecco spiegate le azioni immediate dell’Esecutivo. Lo stesso Mantovano la scorsa settimana ha presentato il Piano italiano al Segretario di Stato americano Antony Blinken, comunicando l’intenzione di inserire i temi del contrasto alle droghe nel quadro di attività della presidenza italiana del G7.
Una previsione e un approccio che trova la condivisione della comunità scientifica come conferma a One Health, il professor Alessandro Vento, psichiatra e responsabile dell’Osservatorio sulle Dipendenze: «È improbabile che in Italia si diffonda un allarme come negli Stati Uniti», spiega. Ma non bisogna abbassare la guardia. E quindi ben venga la sensibilizzazione della comunità a partire dai più giovani e nelle scuole. Stiamo parlando pur sempre di un farmaco, che ha effetti simili a quelli della morfina, ma è fino a 100 volte più potente di quest’ultima e 30-50 volte più potente dell’eroina. Bastano 2-3 milligrammi della sostanza per uccidere. Quindi «attenzione a non sottovalutare il problema nella prospettiva futura di possibile diffusione di altri oppioidi».
Professore, quale è il contesto in cui si sta sviluppando questa nuova “pandemia”?
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Il fenomeno tra Stati Uniti e Italia è molto diverso. Innanzitutto, perché in America il servizio sanitario, dal punto di vista delle cure nell’area delle dipendenze da sostanze, è fragile, a differenza dell’Italia che ha, invece un sistema più strutturato e capillare. Il problema del Fentanyl e di tutti gli oppioidi sintetici fatti in laboratori domestici e arrangiati nasce proprio dall’esigenza di trovare oppioidi a basso costo: questa è la cornice di lettura. Come Associazione Osservatorio sulle Dipendenze abbiamo avviato il progetto “NPS Finder” grazie al quale abbiamo studiato e catalogato decine di fentanili, uno simile all’altro, tutti appartenenti alla famiglia degli oppioidi sintetici. Questo per far capire che il Fentanyl è solo la punta dell’iceberg. Chi soffre di tossicodipendenza e non ha soldi ricorre a esperienze “fai da te” per nutrire la propria dipendenza, che potremmo paragonare all’appetito: ecco perché, in quel mercato, hanno avuto un’ottima penetrazione e diffusione.
Quando dobbiamo iniziare a preoccuparci?
In Italia non è un’emergenza, e speriamo non divenga una situazione tanto allarmante come negli Stati Uniti. Questo, poiché il nostro SSN somministra gratuitamente e con libero accesso le terapie oppioidergiche – tipo il Metadone, la Buprenorfina o l’L-Metadone – a chi soffre di tossicodipendenza: dunque, si offre un’alternativa clinico terapeutica. Il fenomeno è quindi sotto controllo, ma come sappiamo le mode sono a volte molto dannose. Le istituzioni e gli operatori socio-sanitari, essendo preoccupati della possibile diffusione epidemica dei fentanili, stanno mettendo in campo una serie di iniziative orientate a politiche di prevenzione, prima di tutto basate sulla diffusione attenta e controllata di informazioni, per rendere più consapevole la comunità tutta.
Ci tolga una curiosità: perché è definita “la droga degli zombie”?
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A causa dell’effetto acuto di questa sostanza: è fortemente sedativo. Chi la assume rimane quasi “bloccato”, talvolta anche nella posizione in cui si trova quando ne fa uso. È talmente violento da determinare una sorta di freezing, di congelamento. E queste scene, osservandole dall’esterno, sembrano prese dal film “L’alba dei morti viventi”. Conseguenze sul comportamento significative e con un forte impatto sulla salute che sono assimilabili ad un altro fenomeno di alcuni anni fa.
Cioè?
Qualcosa di simile era avvenuto in Georgia e in Russia con il Krokodil, un oppioide fatto in casa. Iniettandolo, dava luogo a flebiti gravissime, “le vene si mangiavano”, andando incontro a necrosi, un po’ come accade con il morso di coccodrillo.
Quali le conseguenze dell’abuso dei fentanili e quali i rischi?
Il rischio maggiore quoad vitam è legato all’intossicazione fatale, l’overdose irreversibile, quindi la morte a causa del blocco dei centri del respiro. L’altra conseguenza molto seria è la dipendenza estrema che queste sostanze inducono. Al momento si parla solo di Fentanyl, ma attenzione a non sottovalutare il problema nella prospettiva futura di possibile diffusione degli altri oppioidi. Per rendere chiaro quanto sia potente questo tipo di sostanza è sufficiente fare l’esempio del Carfentanil, che è un analogo del Fentanyl. È la sostanza con cui, bagnando la punta di uno spillo si fa addormentare un elefante o un rinoceronte.
I giovani sembrano però ignorarne la pericolosità.
Uno dei falsi miti, cioè delle distorsioni cognitive della realtà nella testa, soprattutto dei ragazzi, è che il Fentanyl sia come l’eroina. Viene percepito come un analogo ma molto più friendly, più amichevole, più moderno. In realtà, non è paragonabile all’eroina in termini di potenza farmacologica ed è una droga nettamente più rischiosa, per la dipendenza e per le intossicazioni fatali.
Overdose letali, dunque.
Bastano piccole dosi – che costano pochissimo – per ottenere l’effetto dell’alterazione ricercato dal tossicodipendente. Il problema, però, è che la molecola si lega in maniera più forte ai recettori, che sono i bersagli delle sostanze, e si stacca da questi con più difficoltà. Il risultato è che nel caso di overdose di Fentanyl aumentano le percentuali di morte.
Ma, scusi, le overdose non sono curabili con gli antidoti?
In linea di massima è così. Ma non nel caso del Fentanyl. Per comprendere meglio il fenomeno possiamo fare un parallelismo con l’eroina. Chi assume eroina e raggiunge l’overdose può guarire grazie all’antidoto (il Narcan), se si agisce tempestivamente. Con il Fentanyl, invece, l’overdose risulta quasi sempre fatale anche se si prova a curarla. Ed è il motivo per cui il numero di decessi legati alla sostanza è altissimo in America. In Italia, ripeto, l’alternativa esiste: i Serd somministrano oppioidi terapeutici gratuitamente riuscendo così a gestire il fenomeno dell’astinenza dei tossicodipendenti.
Cosa spinge la diffusione di questa sostanza?
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I principali scenari sono due. Il primo riguarda il taglio delle sostanze illegali (ad esempio, l’eroina). Con il fine di massimizzare i profitti, alla sostanza “di partenza” si aggiungono gli oppioidi di sintesi fatti in laboratorio (1 grammo di eroina + 1 o 2 di fentanili). È solo la conseguenza di una bravata pensata per guadagnare di più, quindi appannaggio principalmente dei piccoli venditori al dettaglio e non riguarda la criminalità organizzata. Tale procedura, però, per quanto abbiamo già spiegato prima, espone maggiormente il fruitore al rischio di overdosi fatali. Il secondo scenario interessa invece i giovanissimi, gli “psiconauti”, alla ricerca dello “sballo” o di nuove emozioni. Si procurano il farmaco, magari in Farmacia e con una ricetta falsificata o trafugata e lo assumono, senza sapere di andare quasi certamente incontro a overdose fatale.
Se si può trovare in ospedale o in farmacia, significa che siamo in presenza di un farmaco legale. Qual è l’uso medico consentito?
Il Fentanyl è un potentissimo analgesico: toglie il dolore e induce sedazione. Ha un uso clinico, dunque, ma solo nelle mani di un anestesista-rianimatore, quindi all’interno di un ospedale con uno specialista. Oppure può avere una applicazione su indicazione specifica di un medico che tratta il dolore in acuto. È proprio perché è incredibilmente pericoloso che va gestito con estrema cautela da persone esperte e formate.
Medici e farmacisti cosa possono fare per impedire che si diffonda impropriamente?
Vigilare e far presente alle autorità competenti se rilevano eventuali distorsioni. Alcuni di loro hanno già segnalato l’aumento del numero di richieste di questi prodotti.
Il Piano del Governo è un primo passo. Quali altre misure per contrastare l’abuso di Fentanyl?
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Serve uno sforzo ed un investimento, anche in termini economici di risorse sul coordinamento dell’intervento della rete che già abbiamo. Un po’ come è successo con la pandemia da Covid19: le strutture esistevano, ma inizialmente quasi brancolavano nel buio in assenza di un coordinamento. Grazie ad una politica sanitaria, invece, il fenomeno è stato arginato. Analogamente, serve uno sforzo di collaborazione sinergica e di pianificazione, politiche di intervento e prevenzione (di cui abbiamo già segnali) per arginare il fenomeno. Secondo i dati del nostro Osservatorio è – comunque – improbabile che in Italia si diffonda un allarme come negli Stati Uniti.
Le reti attive in Italia sono dunque sufficienti per gestire fenomeni del genere?
L’Italia ha un Sistema Sanitario capillare, dove i Serd sono in grado di organizzarsi molto rapidamente sulla gestione di un’emergenza e sulla somministrazione di un trattamento, oltre che in attività di prevenzione. Noi lo facciamo nelle scuole con molta soddisfazione: istruire i ragazzi al pericolo di questi problemi ci porta dei risultati misurati che riusciamo a dimostrare, da un punto di vista anche statistico.
Da anestetico e antidepressivo anche la Ketamina adesso è assunta come droga. E questo sì, è un fenomeno che in Italia vanta già un’ampia diffusione…
La Ketamina, detta “Special K”, è un anestetico dissociativo altamente presente nella vita notturna dei grandi centri italiani già da 10 anni. Nel 2014, con il nostro osservatorio, abbiamo identificato il fenomeno con uno studio pilota sui locali romani. La Ketamina in polvere di cristalli sniffata è una pratica di tipo ricreazionale che viene utilizzata da 20 anni, ed è un fenomeno epidemico che colpisce i giovani e i giovani adulti. Addirittura, nelle discoteche viene assunta insieme a cocaina, mdma e alcol. Il risultato è la “out of body experience”, un’esperienza autoscopica. Una percezione quasi cosmica in cui la persona si vede dall’esterno, prova una sensazione molto piacevole di euforia, di umore positivo e di contatto con esperienze mistiche. Oltre al rischio medico in sé (può provocare patologie come la fibrosi della vescica o sindromi al sistema cardiocircolatorio), il problema è che chi assume la sostanza è spesso soggetto a incidenti senza accorgersene. Vedersi dall’esterno espone a rischi come cadere dalla finestra o dal balcone, affogare in piscina, perché la persona si vede in una posizione fisica diversa da quella in cui realmente è (affogare ma percepire di essere sul bordo della piscina).