Combattere l’artrosi si può, anche senza bisturi.
Dopo i trattamenti infiltrativi con farmaci antinfiammatori e quelli a base di acido ialuronico, oggi la ricerca si concentra su infiltrazioni con i derivati del sangue, i cosiddetti PRP (Plasma Ricco di Piastrine), fino ad arrivare ai trattamenti con le cellule mesenchimali estratte dal midollo osseo o dal grasso sottocutaneo.
Ortobiologia: una nuova era per l’ortopedia
Parliamo di ortobiologia, metodiche che sfruttano le capacità rigenerative delle cellule del corpo umano con l’obiettivo di stimolare la ricrescita di alcuni tessuti e di attenuare l’infiammazione, trattamenti non chirurgici e mini invasivi che accendono nuove speranze per coloro che fino a qualche anno fa avevano come unica scelta terapeutica l’intervento di sostituzione protesica. Queste tecniche di medicina riparativa e rigenerativa sono applicabili al trattamento conservativo delle articolazioni, ma anche alla fase post-intervento chirurgico, per migliorarne l’esito, favorendo la guarigione dei tessuti.
L’artrosi è una malattia articolare cronico-degenerativa a carattere progressivo che colpisce in Italia oltre 4 milioni di persone, una patologia, quindi, che aumenta con l’età e per la quale si sono aperte nuove strade per cure più conservative.
Grazie alle tecniche di ortobiologia, infatti, siamo entrati in una nuova era in ambito ortopedico. Questo tipo di procedure riguarda però le fasi iniziali dell’artrosi, i gradi 1 e 2 e spesso anche il terzo grado. Mentre nelle l’artrosi di quarto grado l’intervento chirurgico è l’unica soluzione possibile. Evidenze scientifiche hanno dimostrato l’efficacia delle infiltrazioni con l‘acido ialuronico, con il PRP e, ultimamente con le cellule mesenchimali ricavate dal tessuto adiposo.
I trattamenti infiltrativi: acido ialuronico, plasma e staminali
I trattamenti infiltrativi di primo livello utilizzano l’acido ialuronico che viene iniettato nell’articolazione allo scopo di lubrificarla e nutrire la cartilagine rimanente. Nel caso in cui questi trattamenti non abbiano effetto è possibile ricorrere alle infiltrazioni con i derivati del sangue, PRP: dal sangue del soggetto, opportunamente centrifugato, viene estratto il plasma ricco di piastrine che, iniettato, favorisce il rilascio di fattori di crescita piastrinica, cioè di molecole che consentono ai tessuti di ripararsi e rigenerarsi. Il PRP trova ampia applicazione anche nella rigenerazione dei tendini della spalla o dell’articolazione tibiotarsica.
Un’ulteriore possibilità è offerta dalle cellule mesenchimali estratte dal tessuto adiposo addominale e poi infiltrate nell’articolazione artrosica. Si tratta di una procedura più complessa rispetto a quella prevista dalla cura con il PRP ma si svolge anch’essa in regime ambulatoriale. In entrambi i casi è importante rivolgersi a centri certificati e con elevati standard qualitativi. Quando usato su persone con artrosi, il trattamento a base di cellule mesenchimali è utile anche in caso di tendiniti. Il trattamento infiltrativo con PRP e mesenchimali viene utilizzato principalmente per trattare quelle artrosi da lievi a moderate, sintomatiche, in cui il danno articolare e la funzione residua permetta ancora margini di un trattamento non chirurgico, consentendo così una migliore qualità di vita per il soggetto che, in caso di progressione della malattia, potrà essere sottoposto alla chirurgia protesica.
Bisogna, comunque, tener presente che tali cure sono in grado solo di rallentare il processo artrosico, ma non di farlo regredire.
A fare la differenza è sempre la prevenzione
I trattamenti infiltrativi presentano controindicazioni estremamente ridotte con un’attenzione particolare nei soggetti fragili o coloro che fanno uso di farmaci anticoagulanti o presentano varie comorbidità; riguardo le infiltrazioni con l’acido ialuronico non ci sono particolari controindicazioni a meno che il paziente non presenti allergie a uno dei componenti del farmaco o alterazioni gravi dello stato di salute.
La scelta delle diverse tecniche, oltre ad aderire alle indicazioni delle linee guida presenti in materia, viene valutata dallo specialista caso per caso, anche nel rapporto costi-benefici.
A fare la differenza è sempre la prevenzione. Noi produciamo, infatti, cartilagine fino ai 25-30 anni poi cominciamo a consumarla per vari motivi anche per attività fisica eccessiva o al contrario per sedentarietà. Senza dimenticare che oltre ad un’alimentazione corretta che deve garantire il giusto apporto di calcio è soprattutto il movimento costante uno dei fattori che contribuiscono a prevenire la degenerazione della cartilagine.