Il diabete mellito di tipo 1, detto anche diabete giovanile o insulino-dipendente, è una malattia cronica di natura autoimmune, causata da un malfunzionamento del sistema immunitario. Questo disturbo provoca la distruzione di cellule del corpo che vengono erroneamente identificate come estranee. In particolare, nel caso del diabete di tipo 1, il sistema immunitario attacca e distrugge le cellule beta del pancreas, che sono responsabili della produzione di insulina, l’ormone che regola i livelli di glucosio (zucchero) nel sangue. In Italia rappresenta circa il 10% dei casi di diabete, colpisce circa 300.000 persone e si distingue dal tipo 2 poiché insorge, di solito, in giovane età e l’unico trattamento possibile è quello con insulina.
Italia all’avanguardia con la prima legge screening su tutta la popolazione pediatrica per il diabete di tipo 1
Il nostro Paese è il primo al mondo ad approvare una legge che dispone l’attuazione di uno screening su tutta la popolazione pediatrica per rilevare gli anticorpi associati al diabete di tipo 1 e alla celiachia. La Legge n.130 del 15 settembre 2023, mediante l’individuazione di pazienti a rischio, infatti, consentirà di predire la malattia, identificare i casi clinicamente asintomatici, effettuare diagnosi precoci con un miglioramento della prognosi. Il testo della Legge prevede anche l’istituzione di un Osservatorio nazionale composto da medici e scienziati specializzati in questa patologia e l’attuazione di campagne di informazione e sensibilizzazione.
Di questo, dell’utilizzo della tecnologia per arginare il fenomeno e del preoccupante aumento della malattia tra i nostri ragazzi, con diversi picchi di incidenza intorno ai 2-3 anni, 5-6 anni e uno più tardivo intorno a 11-14 anni, abbiamo parlato con Raffaella Buzzetti, presidente eletto Società italiana di diabetologia (Sid) e professore ordinario di Endocrinologia all’Università Sapienza di Roma, responsabile Diabetologia, Azienda Policlinico Umberto I, a margine dell’evento “Diabete di tipo 1: percorsi di cura, prospettive e innovazione”, organizzato da The Skill Group, in collaborazione con la rivista One Health, e con il contributo non vincolante di Medtronic.
Presidente, il numero dei malati di diabete è in continuo aumento. Esistono nuove tecnologie per affrontarlo?
L’utilizzo delle tecnologie ci ha permesso di compiere un passo epocale.
Già durante il Covid, con la telemedicina e la teleassistenza, grazie anche ad una piattaforma messa a disposizione dalla Regione Lazio, siamo riusciti a rimanere in contatto con i pazienti: abbiamo potuto scaricare sui nostri computer in ospedale i dati dei sensori, controllare l’andamento glicemico dei malati e, quando necessario, effettuare dei cambiamenti nella terapia, implementando il controllo metabolico anche a distanza.
Un passo epocale che sicuramente ha accelerato il cambiamento che stiamo vivendo e che, probabilmente, ci porterà sempre più a utilizzare in futuro le tecnologie in questo campo. La diabetologia rappresenta, come organizzazione, un esempio per tutte le cronicità in Italia e a livello internazionale.
Perché questo aumento esponenziale della malattia?
La malattia aumenta perché aumentano obesità, eccedenza ponderale, consumo di zuccheri semplici e grassi saturi. Ancora, aumenta la sedentarietà, a causa del sempre maggiore utilizzo delle auto e dei mezzi di trasporto: l’essere umano non è adatto per rimanere fermo, mangiare senza muoversi per andare a procurarsi il cibo. Avere il negozio o il supermercato sotto casa, effettivamente, facilita l’incremento dell’obesità e la riduzione del movimento.
Purtroppo, è un andamento esponenziale: aumenta, quindi, il diabete di tipo 2 ma anche di tipo 1, che in parte è legato anche all’incremento dell’incidenza ponderale.
Che cosa bisogna fare?
Diabetologi e società scientifiche – come la Società Italiana di Diabetologia che rappresento – possono assistere nel modo migliore i pazienti. Lo dimostrano i dati del controllo metabolico dei malati di diabete nella popolazione italiana.
Ma è anche un discorso di politica sanitaria: è necessario fare prevenzione, analisi, valutazioni ancor prima della diagnosi di diabete, ma anche informare le famiglie su una corretta alimentazione, possibilmente seguendo la dieta mediterranea, dei bambini già nel periodo scolastico, e sull’implementazione dell’attività sportiva.
Qual è a differenza tra diabete di tipo 1 e diabete di tipo 2?
Il diabete di tipo 1 è una malattia autoimmune. Significa che, a un certo punto della vita, i linfociti, che sono le sentinelle del nostro corpo preposte a combattere le infezioni, riconoscono come estranei determinanti propri dell’organismo, come le cellule del pancreas che producono insulina, e le distruggono. Non si conosce il meccanismo scatenante della malattia: in parte c’è sicuramente una suscettibilità genetica ad ammalarsi, anche se il 90% dei casi è sporadico, cioè avviene in famiglie in cui non ci sono altri membri affetti.
Il diabete di tipo 2 ha tutt’altra patogenesi, cioè caratterizzazione. Anche in questo caso, c’è una forte componente genetica, tanti sono i geni coinvolti. Infatti, se i genitori hanno il diabete, il rischio per i figli di ammalarsi è sicuramente aumentato finanche del 20-30% rispetto a chi non ha genitori con diabete. In questo caso si può fare molto in termini di prevenzione, abituando già i bambini a svolgere un’attività sportiva costante nel tempo e una corretta alimentazione che, purtroppo, ancora non viene condivisa in molte famiglie italiane, soprattutto al sud.
Si può guarire?
Si tratta di malattie croniche. Si possono curare, ma non guarire.
Per il diabete di tipo 1 esistono dei farmaci negli Stati Uniti, attualmente non in commercio in Italia, che riescono a dilazionare di 2/3 anni, cioè a ritardare, l’insorgenza del diabete: la speranza è che presto possano essere disponibili anche nel nostro Paese.
Le persone affette da diabete di tipo 2, invece, possono tornare ad un livello di glicemia nella norma anche per un lungo periodo, ovviamente implementando un corretto stile di vita e seguendo la prescrizione farmacologica dei diabetologi.
Tuttavia, sono malattie croniche che tendono a ripresentarsi. L’importante è prevenire le complicanze, quindi curare bene il controllo metabolico e mantenere la glicemia entro termini ben decisi, che sono circa 80, 110, 120: tutto ciò dipende dalla tipologia di diabete e anche dall’età del paziente.