Può capitare che il cuore si fermi, improvvisamente, tutto si faccia buio, e un corpo si accasci a terra. Può accadere senza apparente motivazione.
E’ successo nel 490 a.C. a Filippide, che dopo aver corso 42 km da Maratona ad Atene, diede la notizia che i soldati ateniesi sul fronte persiano avevano respinto l’attacco dei barbari e che la città era salva, e poi collassò a terra per lo sforzo.
Come cancellare le innumerevoli pagine della cronaca che riportano la triste notizia di giovani strappati alla vita in una manciata di minuti senza una motivazione apparente?
E come dimenticare Christian Eriksen, il calciatore colto da malore improvviso durante la partita Danimarca-Finlandia agli Europei del 2021?
Quella dello sportivo danese è una delle poche storie dal risvolto positivo, grazie alla prontezza dei compagni di squadra subito intervenuti con le opportune manovre di rianimazione. Ma molte, più di mille l’anno, sono invece le storie di ragazzi e ragazze per i quali non c’è stato niente da fare e ogni tentativo è stato vano, o è arrivato troppo tardi.
E’ il caso della morte cardiaca improvvisa, un evento – drammatico e traumatico – che colpisce giovani under 40 in apparenza sani. Una condizione “relativamente rara, ma spesso poco conosciuta e sottodiagnosticata. Tuttavia, è una delle principali cause di morte nei giovani, soprattutto tra gli atleti”, spiega Alberto Giannoni, professore associato alla Scuola Superiore Sant’Anna e cardiologo alla Fondazione Monasterio, in un’intervista esclusiva rilasciata a One Health che indaga a fondo l’argomento.
Un problema (quasi) vecchio quanto il mondo: nonostante gli strumenti diagnostici, le conoscenze e la medicina in genere si siano evoluti, purtroppo ancora oggi rimane un problema in buona parte irrisolto.
Morte cardiaca improvvisa giovanile: che cosa è?
La morte cardiaca improvvisa giovanile è un evento drammatico in cui una persona giovane, spesso in buona salute, muore inaspettatamente per un arresto cardiaco. È dovuta, nella maggior parte dei casi, a un malfunzionamento elettrico del cuore, cioè un’aritmia, con un’interruzione del flusso sanguigno verso il cervello, causando una perdita di coscienza, ma anche verso altri organi vitali come il cuore. Se non trattata immediatamente, può provocare il decesso.
Una malattia rara o solo poco conosciuta?
È relativamente rara, ma spesso poco conosciuta e sottodiagnosticata. Tuttavia, è una delle principali cause di morte nei giovani, soprattutto, ma non solo, tra gli atleti: proprio per questo, l’attenzione verso il fenomeno è in crescita negli ultimi anni.
Quali i numeri del fenomeno?
Si stima che la morte cardiaca improvvisa colpisca a livello europeo 1-10 giovani su 100.000 ogni anno. L’incidenza incrementa progressivamente con l’età ed è lievemente superiore nei maschi per ogni fascia di età. Tra gli sportivi, la probabilità è leggermente più alta, soprattutto se esistono condizioni cardiache non diagnosticate. Tuttavia il fenomeno può colpire anche i non atleti, avvenire durante attività fisica non agonistica ma anche in condizioni di riposo.
Perché è sottodiagnosticata?
Perché non esistono dei registri, a livello regionale, nazionale né internazionale, cioè delle raccolte sistematiche di casi di morte improvvisa giovanile. Questo rende maggiormente difficoltoso avere una misura epidemiologica attendibile. Spesso, poi, l’attribuzione a problematiche aritmiche può sfuggire, in mancanza del riscontro autoptico, comportando il mancato censimento e l’erronea attribuzione di tali eventi a quella che viene impropriamente definita “morte per causa naturale”.
Lei ha affermato che si tratta di un evento che colpisce molti sportivi. Perché?
Lo sport, soprattutto a livello agonistico, aumenta il carico sul cuore, anche attraverso meccanismi nervosi legati al distress emotivo dovuti alla competizione. In presenza di anomalie cardiache non note, l’attività fisica intensa può innescare un’aritmia potenzialmente fatale. Spesso poi, la diagnostica utilizzata per gli sportivi, anche agonisti, è quella di primo livello: elettrocardiogramma da sforzo e, solo nel caso in cui emergano problematiche aritmiche o anomalie morfologiche dell’elettrocardiogramma, si va verso analisi di secondo livello. Non tutte le malattie cardiache, però, lasciano delle tracce visibili all’elettrocardiogramma. Alcune indagini di secondo livello non riescono a identificare forme più sfumate, nonostante l’ecocardiografia, e alcune malattie, alcune malattie, pur visibili all’elettrocardiogramma, hanno una componente dinamica, quindi non sempre sono osservabili. Ad esempio, la sindrome di Brugada o il QT lungo, due note canalopatie, possono essere presenti solo in alcuni momenti, quindi sfuggire all’elettrocardiogramma, che registra una finestra limitata di tempo. C’è poi una complessità interpretativa degli esami, che rende la diagnosi non sempre automatica. Il lavoro svolto dai medici dello sport è estremamente difficile e al loro impegno quotidiano va sicuramente il nostro riconoscimento.
La storia di Filippide è probabilmente il primo caso accertato di morte improvvisa in un atleta: cosa è cambiato dal 490 a.C. a oggi?
Oggi, la medicina ha fatto enormi progressi. Da esami strumentali apparentemente più semplici ma molto informativi come l’elettrocardiogramma e l’ecocardiogramma, siamo passati a indagini più complesse come la risonanza magnetica cardiaca e la TC coronarica che possono individuare anomalie cardiache in modo precoce. Abbiamo, in aggiunta, conoscenze derivanti da indagini genetiche, fondamentali nei casi familiari. Inoltre, abbiamo sviluppato farmaci e dispositivi salvavita come i defibrillatori impiantabili e sviluppato modelli organizzativi per prevenire il fenomeno o trattarlo efficacemente quando alcuni soggetti sfuggono alle maglie dello screening.
Quali sono i sintomi?
I sintomi possono includere svenimenti, palpitazioni, dolori al petto, o difficoltà respiratorie durante l’attività fisica. Il sintomo che preoccupa di più è lo svenimento senza alcun preavviso, soprattutto durante attività fisica. Tuttavia, in molti casi, la morte cardiaca improvvisa può avvenire senza alcun preavviso.
Quali sono le cause e i fattori di rischio?
Le cause includono forme su base genetica che coinvolgono il muscolo cardiaco, le cosiddette cardiomiopatie, o i canali elettrici delle cellule cardiache, le canalopatie. Sono possibili anche anomalie di origine o di sviluppo delle arterie coronarie, oltre che forme di aterosclerosi coronarica molto precoce. Parimenti, esistono forme che si verificano su un cuore in precedenza sano, colpito ad esempio da un’infezione, come nelle miocarditi, o da un danno ripetuto provocato dall’assunzione di sostanze stupefacenti, come la cocaina. Altri fattori di rischio possono essere una storia familiare di morte improvvisa o di patologie che predispongono alla morte improvvisa, o la presenza dei sintomi di cui abbiamo parlato.
Quindi la storia familiare conta molto in questi eventi.
La storia familiare è un fattore chiave. Alcune malattie cardiache ereditarie possono essere trasmesse geneticamente, aumentando il rischio di morte cardiaca improvvisa nei familiari delle vittime. Per questo motivo è essenziale, nei casi sfortunati di morte improvvisa, e soprattutto nei soggetti giovani, eseguire il riscontro autoptico e la cosiddetta autopsia molecolare. Proprio in uno studio recentemente pubblicato dal nostro gruppo su Human Genomics abbiamo dimostrato come l’analisi genetica avanzata (next generation sequencing) consenta di identificare le cause anche in chi ha un cuore con anomalie aspecifiche o apparentemente sano all’autopsia tradizionale. Questo consente poi di fare indagini a cascata nei familiari evitando nuovi lutti.
Cioè?
Nello studio abbiamo rivisto dei casi di soggetti giovani che hanno avuto un evento di morte improvvisa, alcuni di questi retrospettivi, altri analizzati in modo prospettico, grazie al contributo essenziale della medicina legale di Pisa e di Lucca. Abbiamo proceduto con la cosiddetta “autopsia molecolare”, un’indagine genetica con strumenti avanzati. Un tempo la genetica si faceva in base al fenotipo del soggetto: con un sospetto di mutazione si andava a sequenziare il singolo gene. Oggi, invece, si fanno dei pannelli di geni, tutti insieme in parallelo. Il passo ulteriore, in questo studio, grazie alle genetiste della Fondazione Monasterio (Dr.ssa Modena, Dr.ssa Botto, Dr.ssa Vittorini), è stata una valutazione ancora più estensiva rispetto al pannello di geni utilizzato solitamente, aumentando in modo significativo il numero di casi in cui la genetica ci ha dato un indirizzo.
In certi casi ha confermato il riscontro autoptico (quindi, l’analisi istologica), in altri ha consentito di formulare una diagnosi che altrimenti non sarebbe stata possibile, grazie a una discussione collegiale tra genetisti, cardiologici e medici legali. Capire cosa sia successo in questi giovani ci permette di fare esami approfonditi nei familiari: non è, infatti, un’esperienza così rara avere più episodi di morte improvvisa nella stessa famiglia.
Quanto è importante, in questi come in altri casi, conoscere le manovre di primo soccorso?
Purtroppo, è impensabile credere che ovunque nel territorio ci siano operatori sanitari formati. È necessario, quindi, che siano quanti più laici possibili, cittadini qualunque, ad essere formati e consapevoli di cosa fare nel momento in cui qualcuno ha un malore improvviso. Non restare immobili, chiamare il 112 per avere i soccorsi, procedere immediatamente alla rianimazione, e poi – se presente – usare il defibrillatore.
Spesso e volentieri l’arresto cardiaco avviene su un ritmo defibrillabile: quindi, prima si riesce a eseguire la defibrillazione nel contesto della rianimazione cardiopolmonare, meglio è. Ma non basta: bisogna anche saper eseguire il massaggio cardiaco. Dopo un arresto cardiaco, se il massaggio non viene eseguito entro i primi 10 minuti, la persona difficilmente sopravviverà.
Ad esempio, alcuni Paesi del Nord Europa hanno previsto una formazione su ampia scala e i casi di morte improvvisa, fra giovani e adulti, si sono ridotti.
Parliamo di formazione professionale. Quanto è importante creare una nuova generazione di medici sempre più formati su questo tema?
La formazione è essenziale. Medici ben preparati sono fondamentali per riconoscere i segni precoci e per sensibilizzare pazienti e atleti. La prevenzione inizia dall’educazione, ed è importante che la prossima generazione di medici abbia strumenti aggiornati, sia sull’imaging cardiovascolare che sulle nuove frontiere della genetica. In realtà la formazione sulla rianimazione cardiopolmonare dovrebbe coinvolgere sempre di più anche i laici – come spiegavo – e iniziative svolte sempre nelle scuole da enti di volontariato, come ad esempio l’Associazione Mirco Ungaretti, rappresentano felici esperienze da cui trarre ispirazione per i prossimi anni.
Fondazione Monasterio e Scuola Superiore Sant’Anna sono in prima linea nel contrasto della morte improvvisa giovanile con il Progetto JUST. Di che cosa si tratta?
Il Progetto JUST mira a sviluppare strategie innovative per identificare e prevenire i rischi di morte cardiaca improvvisa nei giovani. Include varie attività di ricerca, ma mira nel lungo periodo anche a modificare l’organizzazione a livello regionale, anche mediante iniziative legislative. Nasce a Pisa da un’intuizione del prof. Michele Emdin (cardiologo) e del prof. Marco di Paolo (medico legale) e si sta estendendo ad altre aree della regione Toscana, ad esempio in Garfagnana e all’Isola d’Elba grazie al supporto della Fondazione Cassa di Risparmio di Lucca (progetto Proximity Care – Proxy Young) e del PNRR (progetto Tuscany Health Ecosystem). Una delle attività, secondo me, più interessanti è la realizzazione di uno screening per le aritmie giovanili nelle scuole superiori, destinato non solo agli atleti ma anche ai non atleti, mediante questionari mirati ed elettrocardiogrammi.
Ansia e stress sono forse le malattie del nostro tempo. Quanto incidono sul cuore?
Ansia e stress possono avere influenze negative. Il nostro cuore è collegato a doppio filo con il nostro cervello, tanto che si parla di asse cuore-cervello. Condizioni di marcato stress in acuto possono favorire aritmie in soggetti vulnerabili o eventi anche di natura non aritmica come il vasospasmo (legato alla contrazione della tonaca muscolare che riveste i vasi che portano il sangue al cuore) o la sindrome di Tako-Tsubo (sindrome del cuore infranto, che simula un infarto in seguito a lutto in soggetti con coronarie sane). A lungo termine, lo stress cronico può danneggiare il cuore e aumentare il rischio di eventi avversi, per cui è essenziale sottolineare come il controllo dello stress sia essenziale e vada sempre considerato quando si parla di corretto stile di vita, insieme ad alimentazione sana, attività fisica e igiene del sonno.
Accennava anche al pericolo dello stress cronico…
In questo caso si hanno dei meccanismi che si scatenano nel lungo periodo, spesso – ad esempio – dovuti all’attività lavorativa o a dinamiche familiari. Oggi, rispetto a un tempo in cui si dava la colpa genericamente allo stress, conosciamo meglio i meccanismi neurobiologici alla base del legame tra stress cronico, attivazione del sistema nervoso autonomo e infiammazione. Si parla di neuroinfiammazione e può essere una causa di aterosclerosi coronarica e o di sviluppo progressivo di danno con fibrosi al livello del muscolo cardiaco. In sintesi, una fonte costante di stress mentale può dare avvio a processi di tipo infiammatorio cronico che favoriscono poi un’evoluzione verso malattie cardiovascolari.
Giovani a rischio: il 30% fuma, il 36% sono definiti binge drinkers e quasi 960mila studenti hanno fatto uso di droghe almeno una volta nella vita. Quali i rischi per il cuore?
Il fumo, l’abuso di alcol e droghe aumentano significativamente il rischio di problemi cardiaci, compresa la morte improvvisa. Ma attenzione: non si tratta di cofattori, bensì di un motore che causa aritmie.
L’alcol assunto in grandi quantità in alcuni soggetti può causare una cardiomiopatia (cardiomiopatia alcolica), che appare tuttavia reversibile una volta interrotta l’assunzione. Alcune droghe come la cocaina possono indurre un danno diretto sul cuore causando conseguenze avverse anche nel lungo periodo.
Esiste una cura? E quanto conta la medicina personalizzata?
Non esiste una “cura” universale, ma ci sono trattamenti per ridurre il rischio, come interventi sullo stile di vita (sconsigliando ad esempio l’attività agonistica in alcuni casi), farmaci, dispositivi impiantabili (defibrillatori), e monitoraggi regolari. La medicina personalizzata è cruciale per adattare le terapie alle esigenze specifiche del paziente.
È possibile predire un evento di morte improvvisa?
Non sempre è possibile prevedere un evento di morte cardiaca improvvisa, ma test genetici, esami strumentali in ambito cardiologico, inclusi test invasivi e monitoraggi elettrocardiografici prolungati (loop-recorder) possono identificare soggetti a rischio e ridurre la probabilità di eventi fatali. Una ricerca proattiva da parte dei medici, con programmi di screening su ampia scala, la creazione di registri condivisi per patologie relativamente rare e uno sforzo collettivo di natura interdisciplinare, coinvolgendo cardiologi, medici dello sport, genetisti, medici legali, ma anche ingegneri in ambito biomedico e gestionale, enti del terzo settore e politici potrebbe in futuro aumentare la nostra capacità predittiva e salvare delle vite.
In quale direzione sta andando la ricerca?
La ricerca sta sviluppando nuovi approcci per il monitoraggio in tempo reale, dispositivi portatili per la rilevazione di anomalie cardiache, test genetici avanzati e terapie personalizzate per ridurre il rischio aritmico nei giovani.
Dispositivi indossabili e prevenzione: una rivoluzione?
Sì, dispositivi come smartwatch con monitoraggio del ritmo cardiaco rappresentano una potenziale rivoluzione nella prevenzione.
Questi strumenti possono rilevare anomalie in tempo reale e avvisare l’utente o il medico, migliorando la prevenzione e l’intervento precoce. L’uso di intelligenza artificiale per filtrare la mole enorme di dati prodotti può essere di grande ausilio in questo contesto. Ovviamente è fondamentale che la qualità del segnale sia buona per evitare errori interpretativi e siamo in attesa di studi mirati su ampia scala basati su dispositivi indossabili, prima di un utilizzo diffuso in ambito clinico.
Esiste una proposta di legge, la n. 862 rubricata “Disposizioni per l’introduzione dell’obbligo di diagnosi autoptica istologica e molecolare nei casi di morte improvvisa in età infantile e giovanile”, che ha ricevuto un ampio consenso. Cosa prevede? E cosa potrebbe cambiare?
La proposta di legge (Lacarra, Carè, Serracchiani), che riprende un’iniziativa analoga proposta dall’Onorevole Paolo Siani (proposta di legge n. 3192) nel 2021, mira a rendere obbligatorie le autopsie con indagini istologiche e molecolari nei casi di morte improvvisa nei bambini, negli adolescenti e nei giovani adulti (<40 anni o <50 anni in presenza di fattori di rischio familiari del defunto). La legge contempla inoltre la definizione di un percorso diagnostico terapeutico assistenziale a livello regionale, come quello che insieme al Prof. Emdin, al Prof. Olivotto, al Dr. Gentile e alla Dr.ssa Bonanni abbiamo appena realizzato per la regione Toscana. Un altro punto chiave è l’istituzione di un registro nazionale delle morti improvvise in età infantile e giovanile, in collaborazione con l’Istituto Superiore di Sanità. Questo potrebbe fornire dati cruciali per identificare le cause genetiche e non e migliorare la prevenzione futura, permettendo una migliore comprensione della morte improvvisa e proteggendo così le generazioni future.