Il Policlinico Gemelli è il migliore ospedale d’Italia per il quarto anno consecutivo. Il nosocomio romano si piazza infatti al 35esimo posto assoluto della classifica internazionale «World’s Best Hospitals 2024», stilata dal magazine americano Newsweek, guadagnando ben tre posizioni rispetto al posizionamento dell’anno precedente e staccando di 20 posizioni il secondo italiano, il Niguarda.
La rilevazione, realizzata in collaborazione con Statista R, analizza le performance dei 2.400 migliori ospedali in 30 nazioni (Arabia Saudita, Australia, Austria, Belgio, Brasile, Canada, Cile, Colombia, Corea del Sud, Danimarca, Emirati Arabi Uniti, Finlandia, Francia, Germania, Giappone, Gran Bretagna, India, Israele, Italia, Malesia, Messico, Norvegia, Olanda, Singapore, Spagna, Svezia, Svizzera, Tailandia, Taiwan, Usa). Primo e secondo posto sono appannaggio degli USA con la Mayo Clinic di Rochester seguita dalla Cleveland Clinic. Chiude il podio il Toronto General – University Health Network (Canada). L’Italia vanta quattordici ospedali nella top 250.
Parametri e criteri della classifica
Ogni ospedale viene valutato mettendo a sistema numerosi dati e informazioni, tra cui, parere di esperti, sondaggi condotti tra i pazienti, metriche di qualità degli ospedali, indagine sull’implementazione dei PROMs (Patient-Reported Outcome Measures, ndr) che nella definizione del punteggio finale pesano rispettivamente: 40% (per la classifica nazionale) e 5% (per la classifica internazionale); 16,25%; 35,25%; 3,5%.
Ma cosa significa essere l’unico ospedale italiano tra i primi 50 al mondo? Quali sono gli ingredienti di un successo che migliora di anno in anno? Come migliorare ancora le performance? Quali le sfide per la sanità del futuro? Ne abbiamo parlato in esclusiva con il direttore Generale del Policlinico Gemelli, Marco Elefanti.
Direttore, il Gemelli è il migliore ospedale italiano secondo la classifica del magazine americano Newsweek, con un distacco di circa 20 posizioni dal secondo (italiano). Che cosa significa questo traguardo? E che cosa significa essere il 35esimo ospedale migliore del mondo, sui 2400 che sono stati osservati in 30 paesi?
Questo risultato rappresenta il felice epilogo di un percorso che dura nel tempo. E desidero condividerlo con tutta la nostra comunità ospedaliera: clinici, personale infermieristico, tecnici, ricercatori e personale amministrativo. Un traguardo che trae origine da una formula unica in Italia, almeno per ospedali di queste dimensioni. Sto parlando di una realtà ospedaliera no profit fortemente legata a un ateneo, l’Università Cattolica, con l’Accademia che alimenta la formazione di grandi clinici e di grandi ricercatori, di ispirazione cattolica, che punta al miglioramento costante della qualità nella ricerca e nell’assistenza a tutti i pazienti. Il connubio tra formazione, vocazione alla ricerca clinica, assistenza di qualità, modello gestionale no profit, grandi capacità e apertura internazionale dei nostri clinici – che sottolineo con orgoglio – ha reso il nostro ospedale un modello nel Paese, pur operando in una realtà territoriale complessa.
Ci spieghi meglio.
Da anni la Regione Lazio è costretta ad adeguarsi a un piano di rientro sanitario che impone agli amministratori delle strutture ospedaliere di applicare le tariffe ministeriali ai minimi, a differenza di altri territori che invece hanno la facoltà di modulare con risorse proprie le tariffe, cercando di promuovere attività e prestazioni a più alta complessità e a più alta innovazione. Ecco: riuscire a esprimere queste performance in questo contesto è ulteriormente meritorio.
Il Policlinico universitario ha confermato il primato italiano per il quarto anno consecutivo, avanzando di tre posizioni rispetto all’ultimo anno: che cosa è cambiato? E che cosa lo rende il migliore da anni?
Gli assi fondamentali che ci posizionano a questo livello e che ci consentono di migliorare costantemente sono: la significativa attività di ricerca e la costante attenzione al paziente, tramite il mantenimento di alti standard di qualità clinica e di umanizzazione delle cure. Senza dimenticare i numerosi investimenti per la digitalizzazione dei processi assistenziali. È uno sviluppo continuo ed è la grande forza di chi lavora con presupposti vincenti. Mi spiego meglio. Dal 2018 il Policlinico Gemelli è un IRCCS (Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico, ndr): ciò ha rappresentato un volano ulteriore all’attività di ricerca, già imponente, grazie anche alla ricerca clinica cosiddetta sponsorizzata che permette la partnership con le maggiori Pharma del mondo. Soprattutto sono numerosi i trial cosiddetti multi centro, che alimentano la collaborazione promossa da queste aziende con più centri di ricerca, aumentando notevolmente visibilità e prestigio. Infatti, uno dei criteri nella valutazione che fa Newsweek è la riconoscibilità che viene ottenuta tra clinici e manager di grandi ospedali. È chiaro che collaborare ad alto livello sistematicamente e in modo crescente favorisca questa reputazione tra pari.
L’ospedale nel 2024 festeggia un anniversario importante: qual è la lezione che ha imparato durante i 60 anni di attività, costellati da riconoscimenti anche internazionali?
Innanzitutto la necessità di modulare progressivamente l’offerta clinica. Questo ospedale è nato – appunto – sessant’anni fa. Inizialmente era un piccolo ospedale cresciuto a dismisura negli anni ‘90, arrivando a dimensioni superiori ai 1.700 posti letto. Numeri che negli ultimi anni hanno imposto una riflessione spingendoci a riconvertire il Gemelli verso un modello di ospedale per acuti ad alto contenuto di tecnologia che possa dare tutte le migliori risposte terapeutiche a tutti i pazienti, pianificando insieme al sistema regionale i setting assistenziali più appropriati.
Un ospedale dunque improntato alla modernità.
L’impegno tecnologico è diventato davvero enorme. Per fare solo un esempio cito le nuove piattaforme di chirurgia robotica. Anche in questo caso “tocchiamo con mano” le difficoltà legate ai rimborsi di cui accennavo prima: purtroppo le istituzioni pubbliche al momento non possono riconoscere un surplus di tariffa per la chirurgia robotica, che è però da considerare la chirurgia del domani perché più precisa e permette degenze medie più brevi, riducendo l’impatto chirurgico dell’intervento, a parità di altre condizioni di efficacia, e rendendo così migliore, più rapida ed efficace la ripresa del paziente. Stiamo monitorando con grande attenzione le numerose soluzioni di offerte da aziende leader che si stanno affermando sul mercato internazionale. Speriamo che questa concorrenza aiuti ad abbattere i costi. La tecnologia diventa veramente il driver fondamentale per l’offerta di cure di qualità. Occorre, dunque, valutarla con giudizio dal punto di vista della sostenibilità economica e dell’efficacia sul paziente. Del resto, il panorama attuale è costituito da chirurghi molto orientati all’innovazione e soprattutto in forte condivisione con la comunità scientifica internazionale, che raccomanda l’utilizzo di queste tecnologie. Dobbiamo partire da questo assunto per gestire un ospedale di eccellenza come il nostro.
Una struttura tanto imponente e articolata riesce a ottenere grandi risultati garantendo sempre alti gli standard di cura: cosa significa amministrare un tale centro?
Ci confrontiamo ogni giorno con questioni di complessità elevata. I problemi sono numerosi, non da ultimo il tema della digitalizzazione. Ormai, da anni, abbiamo adottato una soluzione innovativa e oltreoceano per gestire l’ERP sanitario, quindi cartella clinica alimentata dai diversi verticali, e soluzioni per il laboratorio, per il comparto chirurgico, per la diagnostica radiologica solo per fare alcuni esempi.
Le soluzioni più avanzate e personalizzate, dal punto di vista di integrazione informativa dei sistemi sanitari, e che noi abbiamo adottato, sono di estrazione americana e non esistono né nel mercato europeo né in quello italiano.
Si tratta di una grande sfida, e per farvi fronte abbiamo adottato la soluzione dell’attività privata, compiendo sforzi non banali per renderla compatibile con le nostre peculiarità.
Il Gemelli rappresenta un’eccellenza dell’integrazione tra la componente pubblica e quella privata accreditata. Il modello del sistema misto è, quindi, da considerare vincente e da perseguire per il nostro SSN?
Assolutamente sì, la considero una condizione vincente. Non a caso è proprio la fisiologia del nostro modello di assistenza sanitario. È chiaro a tutti che la sanità pubblica, che ha la grande ambizione di rispondere in modo universale ai bisogni di salute che rientrano nei cosiddetti LEA, stia in sofferenza. Anche e soprattutto perché le risorse economiche per realizzare questo risultato tendono a non essere adeguate. Il Fondo sanitario nazionale, per rispondere a tutte le esigenze di salute della popolazione, dovrebbe stanziare molti miliardi in più rispetto a quelli già previsti, ma dubito che si riescano a trovare. Tutto ciò fa sì che inevitabilmente, anche se si possono fare miglioramenti, si generino liste d’attesa, con difficoltà di accesso alle prestazioni. Il paziente cerca così forme alternative, laddove necessario, rivolgendosi alle strutture disposte a garantire tempestivamente l’erogazione del medesimo servizio.
Il Policlinico è un teaching hospital. L’Università Cattolica a cui fa riferimento è considerata tra le più prestigiose nel panorama nazionale. Quale deve essere la formazione del medico di domani? Quali gli strumenti per rendere gli studi nuovamente attrattivi.
L’attenzione, la sensibilità e la motivazione degli studenti a frequentare medicina è molto elevata. Ogni anno mettiamo a bando meno di 500 posti per il corso di laurea in medicina e chirurgia a fronte di 8000 richieste di partecipazione ai test di ingresso. La vera criticità è legata alle carenze in alcune aree specialistiche successive alla laurea come emergenza-urgenza e anatomia patologica. Premesso questo, ritengo che il teaching hospital del presente e del futuro debba essere molto orientato al caso clinico. La formazione dello studente deve alternare lo studio di nozioni di base ad attività direttamente in reparto. Questo approccio consente di generare quel valore di competenze che qualifica lo studente quando poi ci si avvicina alla professione. E la nostra facoltà dei medicina e chirurgia è sicuramente tra quelle più avanzate e più attente a questo tipo di percorsi di cura. Il fatto di essere in un così stretto connubio con un Policlinico che tratta tutte le principali patologie rappresenta un valore nella formazione del futuro medico e lo prepara al meglio all’esercizio della professione.
Ci può fare qualche esempio?
I numeri parlano chiaro: oltre 2000 specializzandi, 60 mila casi oncologici annuali, 95.000 ricoveri per anno, una casistica ambulatoriale di assoluto rilievo. Senza dimenticare che trattiamo una quantità importantissima di malattie rare.
Il Gemelli è un IRCCS, un modello di integrazione di ricerca e cura: quali saranno i prossimi investimenti in questo settore?
Come prima detto, siamo fortemente orientati alla ricerca clinica. Da poco sono partiti i lavori per il Centro cardiovascolare, innovativo per le tecnologie e la struttura, ma anche per il modello organizzativo dell’offerta di cura. Un impegno, anche economico, molto importante di oltre 50 milioni di euro e che sosterremo in stretta collaborazione con la Fondazione Roma. Questa struttura rappresenta la punta di diamante su cui il Gemelli punta nei prossimi cinque anni, creando un link tra percorsi di cura e ricerca. Come IRCCS siamo ormai tra i primi tre operatori in Italia in quanto a volumi di attività. Abbiamo societarizzato la ricerca clinica sponsorizzata, superando i 20 milioni di fatturato e siamo molto impegnati e intenzionati a crescere ancora.
Esistono difficoltà per la ricerca clinica e scientifica in Italia?
In termini di reperimento di risorse non registriamo grandi difficoltà. Abbiamo il grande vantaggio di formare in house una nuova generazione di clinici, di ricercatori che – non esagero – non ha eguali in Italia. Possiamo vantare numerose “rising star”, come le definisce il nostro Preside della Facoltà di Medicina Antonio Gasbarrini: una cinquantina di giovani clinici under 40 che hanno già un’altissima visibilità nelle società scientifiche internazionali con una seniority nella ricerca e nella clinica. Solitamente la giovane età rischia di limitare la loro evoluzione di carriera. Fortunatamente nella nostra realtà ciò non accade, basti pensare che tutta la fascia dei giovani ricercatori con alto potenziale ormai ha percorsi di carriera che passano attraverso l’estero in modo sistematico per poi tornare da noi: il Policlinico Gemelli offre un mix di opportunità di ricerche di clinica, con un buon ritorno economico e di qualità di vita, in una città come Roma, riuscendo ad attrarre preparati professionisti anche dall’estero e anche dal Nord del Paese.
Sin dal 1981 il Policlinico è ricordato anche per essere l’ospedale dei Papi: dall’attentato a Giovanni Paolo II fino alle recenti operazioni di Papa Francesco.
Noi siamo ovviamente legatissimi al Santo Padre: a Papa Francesco, che ci ha frequentato in più occasioni, ma anche ai precedenti pontefici. È ormai una consuetudine da parte nostra, e ovviamente un elemento di grande responsabilità e soddisfazione. Questo tratto ci qualifica dal punto di vista della nostra identità e reputazione internazionale. Di recente Papa Francesco si è avvalso, specialmente in chiave diagnostica, anche del nostro presidio sull’isola Tiberina, che è a gestione 100% del Policlinico Gemelli. Questa condizione logistica rende ancora più facile lo sforzo e l’attenzione che noi dedichiamo a Sua Santità nell’assicurargli le risposte più flessibili e coerenti con le sue esigenze di salute.
L’ospedale del domani: medicina di prossimità, PNRR, digitalizzazione e intelligenza artificiale. A che punto del percorso si trova il Gemelli?
In qualità di IRCCS, il nostro ambito di ricerca di riferimento è quello della medicina personalizzata, legata a sua volta a tutto ciò che passa attraverso l’identificazione del profilo genetico del paziente, la diagnostica di tipo genetico metabolico e la conseguente ricerca di percorsi di cura il più possibile in linea con peculiarità e specifiche esigenze individuali. Anche sotto questo aspetto, abbiamo lavorato e continuiamo a lavorare sul fronte della digitalizzazione e della ricerca di innovative soluzioni attraverso l’intelligenza artificiale e un sistema di rete con strutture sanitarie avanzate a livello internazionale, con le quali siamo perfettamente allineati e ci confrontiamo continuamente.