La fibrillazione atriale è quel battito fuori tempo che non si può ignorare.
Tecnicamente, un disturbo del ritmo cardiaco caratterizzato da battiti irregolari e, spesso, accelerati. La causa è da ricercare in una disorganizzazione dell’attività elettrica negli atri del cuore. Questo disordine provoca contrazioni atriali rapide e scoordinate, che impediscono al cuore di pompare il sangue in modo efficiente.
Fibrillazione Atriale: numeri e geografia
Negli ultimi anni, la fibrillazione atriale è diventata sempre più comune, in parte a causa dell’invecchiamento della popolazione e dell’aumento di fattori di rischio, come ipertensione, obesità e diabete. Questa crescente incidenza la rende una delle principali preoccupazioni in ambito cardiologico a livello globale.
Si stima che la fibrillazione atriale colpisca circa 33 milioni di persone in tutto il mondo. Nei Paesi occidentali, la prevalenza è di circa il 2-3% nella popolazione generale, ma aumenta notevolmente con l’età, arrivando fino al 10-12% nelle persone sopra gli 80 anni.
Dal cuore al cervello: il rischio di ictus
Un aspetto cruciale della fibrillazione atriale è il suo legame con un elevato rischio tromboembolico. A causa delle contrazioni irregolari e inefficaci degli atri, il sangue può ristagnare al loro interno, favorendo così la formazione di coaguli, detti “trombi”. Questi, se dal cuore entrano nel circolo sanguigno, possono raggiungere altre parti del corpo, ad esempio il cervello, causando eventi temibili come l’ictus.
Infatti, la fibrillazione atriale è una delle principali cause di ictus ischemico, con un rischio di 4-5 volte superiore rispetto a chi non presenta tale aritmia. Fondamentale, dunque, il riconoscimento precoce della fibrillazione atriale e la gestione adeguata del rischio tromboembolico attraverso terapie anticoagulanti, oltre che il trattamento della condizione sottostante.
Riconoscere i sintomi può essere difficile
Tre sono le tipologie di fibrillazione atriale: parossistica (intermittente), persistente o permanente, con gravità variabile a seconda dei casi.
Riconoscere i sintomi della fibrillazione atriale può essere difficile, poiché possono variare notevolmente da persona a persona e, in alcuni casi, essere del tutto assenti. Tuttavia, i sintomi più comuni includono palpitazioni e dolori al petto, senso di vertigine, sincope o svenimento, affanno o difficoltà a respirare, ansia, debolezza e ridotta resistenza allo sforzo fisico.
La sensazione di battito cardiaco rapido, irregolare, talvolta “saltellante”, è tipica delle palpitazioni e, sebbene non comune, alcune persone possono avvertire un dolore o una sensazione di oppressione al petto, che richiede un’attenzione medica immediata per escludere altre cause gravi. Può anche capitare di avvertire uno strano affaticamento, una stanchezza persistente e ingiustificata anche dopo aver svolto attività quotidiane che normalmente non causano affanno, spesso associato ad una vera e propria intolleranza allo sforzo, una difficoltà a sostenere attività fisiche che invece, solitamente, venivano eseguite senza alcun problema. La ridotta capacità del cuore di pompare sangue in modo efficace provoca talvolta dei capogiri o un senso di vertigine, che nei casi più grafi sfocia nella sincope o nello svenimento. Ultimo sintomo, non per importanza, è la cosiddetta dispnea, più comunemente conosciuta come “fame d’aria”, una difficoltà respiratoria che si avverte soprattutto durante sforzi fisici o, nei casi più gravi, anche a riposo.
La prevenzione è sempre un’arma vincente
È importante notare che, in molti casi, la fibrillazione atriale può essere asintomatica, scoperta casualmente durante un esame medico di routine. Tuttavia, anche in assenza di sintomi evidenti, il rischio di complicanze, come l’ictus, rimane elevato. Pertanto, una diagnosi precoce e un trattamento adeguato sono fondamentali per gestire efficacemente la condizione.
Si rivela fondamentale, quindi, agire d’anticipo, sottoponendosi ad esame elettrocardiografico (ECG), anche prolungato, per poter dimostrare la presenza dell’aritmia. Inoltre, può essere utile anche eseguire un ecocardiogramma per visualizzare le camere cardiache e le loro caratteristiche anatomiche.
Cuore in fibrillazione: qual è la cura?
Molte sono le terapie a disposizione di medico e paziente per curare il “cuore matto”: da quella farmacologica, mediante farmaci antiaritmici e anticoagulanti, al piccolo intervento chirurgico. Oltre ai trattamenti tradizionali, poi, esistono nuovi approcci terapeutici che stanno sempre più guadagnando terreno, come l’ablazione transcatetere: una procedura sicura e minimamente invasiva che utilizza energia a radiofrequenza o crioenergia per isolare le aree del cuore responsabili dell’insorgenza dell’aritmia. La gestione della fibrillazione atriale non si limita alla sola correzione del ritmo cardiaco, ma comprende anche il trattamento dei fattori di rischio che possono contribuire all’insorgenza e alla progressione della malattia.
I principali fattori di rischio di un ritmo irregolare
L’ipertensione arteriosa è uno dei principali nemici e un fattore di rischio importante per questa patologia. Il controllo della pressione arteriosa è fondamentale per ridurre il rischio di sviluppare la FA e per migliorare il suo trattamento. Anche il diabete è un altro fattore di rischio significativo e la sua gestione efficace, con un controllo glicemico rigoroso e la regolare assunzione dei farmaci, una dieta bilanciata e attività fisica regolare, possono contribuire a diminuire il rischio di battiti irregolari.
Ancora, non si può dimenticare uno dei fattori di rischio che, purtroppo, è tipico del nostro tempo: l’obesità. La perdita di peso, con l’aiuto della chirurgia bariatrica o meno, può ridurre significativamente il rischio di FA e migliorare i risultati del trattamento. Negli ultimi anni si è, poi, dimostrato come l’apnea ostruttiva del sonno (OSA) sia un disturbo respiratorio comune nei pazienti con FA.
E non è finita. Oltre al fumo di sigaretta, un rischio ormai ben noto da decenni, anche l’assunzione eccessiva di alcol, soprattutto in quantità elevate e in modo episodico (binge drinking), celano insidie per il cuore e il suo battito.
Il ruolo dell’ansia e dello stress
Non meno importante, però, il ruolo dello stress psicologico e l’ansia, che possono contribuire all’insorgenza e alla persistenza della fibrillazione atriale. La gestione dello stress è, quindi, cruciale mediante tecniche di rilassamento, come la meditazione, la mindfulness, lo yoga e l’attività fisica regolare, che aiuta a ridurre i livelli di ansia e a migliorare il benessere generale.
In conclusione
La gestione della fibrillazione atriale comporta costi sanitari elevati, sia per il trattamento della condizione stessa che per la gestione delle sue complicanze. Negli Stati Uniti, ad esempio, i costi sanitari diretti attribuibili alla fibrillazione atriale sono stimati intorno ai 6 miliardi di dollari l’anno. Inoltre, la prevalenza della FA è generalmente più alta nei Paesi occidentali rispetto a quelli in via di sviluppo. Tuttavia, con il cambiamento degli stili di vita e l’invecchiamento della popolazione, questa aritmia sta diventando un problema crescente anche nelle nazioni emergenti.
Questi dati sottolineano l’importanza di strategie efficaci di prevenzione, diagnosi precoce e gestione della fibrillazione atriale, non solo per migliorare la qualità della vita dei pazienti, ma anche per ridurre l’impatto economico e sanitario associato a questa condizione in continua crescita.