Le Isole Eolie si presentano come una costellazione racchiusa nel mare cristallino dalle molte sfumature di blu della Sicilia. Non è un caso, infatti, che a partire dal 2000 siano state dichiarate patrimonio dell’umanità dall’UNESCO.
Fra di loro, la più selvaggia, la più naturale, la più antica e la seconda più piccola è Filicudi, talmente remota da aver conservato la propria originalità e sulla quale continuano a vivere meno di 200 persone.
Natura a perdita d’occhio, mare blu cobalto, bouganville in fiore, piccoli centri edificati. Un sole infuocato che riscalda le piazze dove i bambini giocano a piedi nudi e che poi va a tramontare dietro le alture incontaminate, solo qua e là alcuni terrazzamenti per la coltivazione della Malvasìa. Di notte, il silenzio – quello che noi tutti non conosciamo più – e nessuna luce artificiale, solo la luna.
Filicudi Wildlife Conservation, perla di Pecorini
Nella piazzetta di Pecorini a mare, il piccolo e vivace borgo dai mille colori, si scorge la grande scritta bianca e blu di Filicudi Wildlife Conservation. Il Centro, sede dell’associazione no profit che porta lo stesso nome, raduna un gruppo affiatato di volontari, biologi marini, ecologi della conservazione, naturalisti e studenti, che si occupa dello studio e della conservazione della fauna marina dell’Arcipelago Eoliano. Progetti made in Filicudi di respiro anche europeo, divulgazione, educazione e informazione, attività di eco turismo, di protezione degli animali, di ricerca e un Pronto Soccorso per le tartarughe marine: un punto di riferimento per i quasi 120 chilometri quadrati delle Isole.
All’indomani della nascita della petizione dell’Associazione, che ha l’intento di istituire un’area marina protetta nell’intero Arcipelago, di cui si è fatta portavoce anche la sicula Teresa Mannino, abbiamo intervistato in esclusiva su One Health Monica Francesca Blasi, ecologa marina esperta in conservazione della natura, fondatrice e presidente di Filicudi Wildlife Conservation. Una laurea in fisica, un dottorato di ricerca in biofisica e un master in “Conservazione della Biodiversità animale: aree protette e reti ecologiche”, ha fatto di Filicudi la propria casa, del mare il proprio elemento e della ricerca, protezione e conservazione degli esemplari eoliani la propria missione.
Quando nasce Filicudi Wildlife Conservation?
L’Associazione nasce nel 2004.
In quell’anno stavo frequentando un Master in conservazione della biodiversità e al mio professore proposi un progetto di tesi sui delfini: l’idea era quella di studiare la popolazione dei tursiopi che vive nelle acque dell’Arcipelago Eoliano. Mi sono talmente appassionata che, in questi 20 anni, il progetto su questa specie di delfini che vive nelle acque costiere delle Isole è rimasto il mio progetto prioritario. Ho quindi fondato l’associazione e iniziato le mie attività di ricerca, tramite l’avvistamento ed il monitoraggio: all’inizio ero una, adesso ci sono molti gruppi di volontari che partecipano per periodi che vanno da una settimana ad alcuni mesi. E l’Associazione, negli anni, è cresciuta sempre più.
Come si è evoluta?
Nel 2009 ho richiesto le autorizzazioni al Ministero dell’Ambiente e alla Regione Sicilia per creare il pronto soccorso delle tartarughe. Capitava sempre più spesso, infatti, mentre uscivo in mare per studiare i delfini, di imbattermi in tartarughe marine malate o in difficoltà.
Qualche anno dopo, ho avviato anche dei progetti – alcuni dei quali europei – sui capodogli e su altre specie di delfini. Dalla ricerca e conservazione marina, sono poi nate anche attività informative ed educative, per abitanti delle isole, turisti e scuole di ogni livello.
E da ultimo, una petizione.
Esatto, è il nostro progetto attuale che ci sta molto a cuore. Siamo partiti circa una settimana fa, ma abbiamo già un migliaio di firme grazie al coinvolgimento di Teresa Mannino. Ci ha accompagnati in mare durante la liberazione di Granita, l’ultima tartaruga che abbiamo salvato, e mentre riprendevamo questo momento magico è partita la nostra campagna: istituire un’area marina protetta alle Isole Eolie. La comica, che ha particolarmente a cuore la sua Sicilia, si è fatta portavoce del nostro ambizioso progetto. Grazie alla diffusione sui suoi canali le firme stanno crescendo e ci auguriamo che siano sempre più, per poter trasformare la nostra idea in un progetto concreto, coinvolgendo anche i Sindaci delle città.
Vogliamo un’area marina che venga gestita in modo efficace: quindi non solo sulla carta ma che sia davvero funzionale.
Qual è il vostro intento?
Le Eolie sono un territorio molto vasto e complesso, con grandi distanze l’una dall’altra.
In questi anni abbiamo tutelato il mare subito attorno alle coste, mentre più a largo ognuno – di fatto – era libero di fare ciò che voleva: ma non è sufficiente.
Vogliamo istituire, per ogni isola, delle specifiche zone di protezione, regole proprie e controlli locali più intensi: basti pensare che, attualmente, la Guardia Costiera è solo a Lipari e possiede un’unica motovedetta, quindi ha capacità limitate.
Siamo arrivati ad un punto in cui il mare è davvero messo male: si può ancora salvare ma solo agendo al più presto.
Non solo l’istituzione di un’area marina protetta: Filicudi Wildlife Conservation ha all’attivo numerosi progetti.
Il progetto che portiamo avanti, ormai da 25 anni, è quello che riguarda lo studio e la catalogazione dei delfini tursiopi. Li riconosco dalle caratteristiche della pinna dorsale, che rappresenta l’impronta digitale dell’animale, attraverso una foto-identificazione. Grazie a queste informazioni stiamo seguendo le nascite, la struttura fetale dei piccoli, gli spostamenti, la stagionalità, come cambiano le loro relazioni sociali a seconda del periodo dell’anno e le preferenze alimentari.
Questi animali, purtroppo, interagiscono spesso con le esche dei pescatori: per questo, negli ultimi anni, è nato il progetto “Life Delfi”, cofinanziato dalla Comunità Europea, e di cui noi siamo partner da 5 anni. Il progetto Europeo prevede una vera e propria collaborazione con la pesca artigianale al fine di limitare le interazioni negative tra i delfini e i pescatori.
Quindi, stiamo sperimentando dei dissuasori acustici all’interno delle reti dei pescatori per tenere lontani i delfini, promuovendo codici di condotta per il pescato sostenibile, facendo dei corsi educativi ai pescatori per convertire l’attività di pesca in turistica. Il nostro interesse non è solo quello di studiare questi animali ma anche quello di tutelarli per mezzo di azioni di conservazione, educazione e divulgazione.
E poi c’è il Pronto Soccorso delle tartarughe.
In più di 20 anni di attività abbiamo salvato dal mare quasi 700 tartarughe marine.
Gli animali che recuperiamo sono principalmente nella fase giovanile e sub adulta, quindi ancora non riproduttivi e per questo in un momento ancora molto delicato dello sviluppo. I problemi nei quali possono imbattersi sono l’ingestione di ami di palangaro per la pesca del tonno e del pesce spada: anche in questo caso, è attiva una grande campagna per far cambiare le abitudini del consumo di pesce a ristoratori e turisti. I turisti, una volta giunti a Filicudi, non sanno che il tonno che mangiano spesso è pescato in maniera illegale. Abbiamo quindi prodotto degli opuscoli informativi per far sapere che l’amo di palangaro è nocivo per le tartarughe: in questo modo siamo riusciti, poco alla volta, a cambiare le abitudini delle persone, scegliendo con attenzione i pesci in base a come vengono pescati. Cerchiamo di promuovere il pescato del giorno, che è un pescato sostenibile a cura dei piccoli pescatori locali a discapito della pesca commerciale, che produce innumerevoli danni.
Quali sono gli altri pericoli per le tartarughe?
Purtroppo, nel nostro mare – come nel resto del Mediterraneo – la plastica la fa da padrone.
Troviamo sempre più spesso tartarughe che la ingeriscono, oppure ancora vedono intrappolate le proprie pinne e strozzato il proprio collo, provocando talvolta edemi o addirittura amputazioni degli arti.
Gran parte della plastica che troviamo in mare è uno scarto della pesca: sono i famosi ghost fishing nets, o attrezzi da pesca fantasma, che rimangono arroccati o si staccano dal fondale, oppure vengono persi dai pescatori, divenendo trappole mortali per la fauna marina.
La nostra Associazione, durante l’attività di monitoraggio del mare, raccoglie ogni giorno una media fra i 30 e i 40 chili di immondizia in acqua e in spiaggia. Dopo aver fatto la pesatura passiamo alla catalogazione: abbiamo stimato che la gran parte dei rifiuti proviene proprio dalla pesca, fra cui lenze, cime, cassette di polistirolo, buste di plastica utilizzate per le esche, pezzi di nylon, bidoni galleggianti usati dai pescatori come boe per segnalare le reti.
Il resto, ovviamente, è composto dai rifiuti di turisti e non solo.
Come si svolge l’iter del soccorso delle tartarughe marine?
Filicudi Wildlife Conservation è il solo Centro di riferimento per tutte le isole Eolie per il recupero ed il soccorso delle tartarughe marine trovate in difficoltà durante la navigazione tra le isole. Grazie alle chat che abbiamo con i diportisti e con tutti coloro che navigano le isole, oltre ad un contatto diretto con la Guardia Costiera, siamo costantemente informati per ogni segnalazione, tramite foto e video.
Ci occupiamo del servizio di ambulanza, quindi andiamo a recuperare con la nostra imbarcazione l’animale in difficoltà: chiediamo a chi ha fatto la segnalazione, qualora non sia in grado di recuperare la tartaruga, di rimanere in quel punto esatto e seguire l’esemplare, perché le sole coordinate GPS non sono sufficienti. Se invece l’animale si trova troppo distante da noi, allora diamo indicazioni su come recuperare la tartaruga, come mantenerla sull’imbarcazione e anche come trasportarla, affinché l’animale sia sano e salvo al nostro arrivo, sia affinché non divenga un lavoro troppo difficoltoso né pericoloso per l‘uomo (questi animali possono essere, a seconda dell’età, anche molto pesanti o mordere con il becco).
Per recuperare le tartarughe, poi, abbiamo delle apposite vasche di trasporto.
E una volta che l’esemplare arriva al Centro?
Appena raggiunge Filicudi, manteniamo la tartaruga all’interno di particolari vasche: cambiamo l’acqua almeno tre volte al giorno, la alimentiamo, somministriamo le terapie appropriate ad ogni situazione, eseguiamo analisi del sangue e lastre di controllo per vedere che non vi siano ami ingeriti, fratture, dislocazioni o strozzature. Ci occupiamo noi di tutto, ad eccezione delle analisi del sangue, per le quali ci appoggiamo al centro veterinario di Lipari.
Un altro problema che possono presentare le tartarughe sono le collisioni con le imbarcazioni: talvolta, infatti, troviamo gli animali con carapaci staccati e ferite varie.
Se gli animali hanno problemi molto seri che noi non riusciamo a trattare o gestire, necessitano di una degenza particolarmente lunga o di riabilitazioni particolari, allora li trasferiamo immediatamente al centro veterinario di Napoli con cui siamo convenzionati. Anche per questo vorremmo aprire un grande centro a Lipari attivo per 12 mesi: così da evitare agli animali in grave difficoltà il viaggio della speranza fino a Napoli e poterci occupare di tutto qua.
Poi, finalmente, la liberazione.
Esatto. Non appena la tartaruga si è ripresa ed è sana, allora la portiamo in mare aperto, dove la liberiamo. Ovviamente, questi animali non possono essere liberati in ogni stagione: il momento ideale è l’estate ed il mare aperto serve solo per avere più chance di sopravvivenza, dal momento che sotto costa c’è molto traffico nautico.
Le liberazioni si fanno quando la temperatura dell’acqua non è troppo fredda: ad esempio, dopo aver recuperato un animale in estate, non può essere liberato in inverno perché lo shock termico lo condurrebbe alla morte. Se entro fine ottobre – al massimo fine novembre – l’animale non è libero, allora bisogna aspettare la primavera, la stagione ideale per liberarli, anche già sulla spiaggia.
Volontari, biologi marini, studenti: come è composto il team?
Io sono l’unica persona che si occupa del Centro per tutto l’arco dell’anno, dividendomi 6 mesi a Lipari e 6 mesi a Filicudi.
Poi, c’è un gruppo fisso che rimane a Filicudi per 6 mesi, a cui se ne aggiungono altre per meno tempo. Siamo un gruppo di professionisti, tra biologi marini, ecologi della conservazione, naturalisti e attivisti.
C’è continuamente un ricambio, un flusso di ragazze e ragazzi che partono e che arrivano per progetti di tirocinio formativo, di formazione sul campo anche delle tecniche, oltre che per il salvataggio delle tartarughe, per il monitoraggio di delfini e capodogli, per periodi formativi di lunga durata, alternanza scuola lavoro e attività di volontariato.
Il nostro intento è quello di costituire un centro anche a Lipari che sia operativo tutto l’anno. A Filicudi, purtroppo, a causa del meteo e delle difficoltà logistiche tipiche di un’isola così piccola, non possiamo tenerlo aperto 12 mesi. La mia idea è quella di trasferire nell’isola maggiore la gran parte delle attività, anche per diffondere il messaggio che ho creato qui in tutto l’arcipelago: proteggere il mare eoliano ad ampio spettro, non più solo delfini e tartarughe, istituendo – appunto – un’area marina protetta.
A proposito: come sta il nostro mare?
Il mare delle Eolie ha fondamentalmente due problemi, che si sovrappongono fino a formarne uno più grande.
Da una parte la sovra pesca, quindi il fatto che il mare non sia protetto, che sta causando un impoverimento sempre più stringente della biodiversità marina ed anche degli stock ittici.
Dall’altra parte, il cambiamento climatico sta introducendo nei nostri mari specie che non sono autoctone, quindi invasive, che arrivano da altri mari e si adattano meglio ai nostri perché non ci sono più i predatori. Per fare un esempio: la grande invasione del Percnon gibbesi, il granchio corridore atlantico. Si tratta di una specie che fino a 20 anni fa non c’era, mentre adesso alle Eolie si vede in grandi quantità, ed anzi è il più comune ora: lo si può trovare sotto costa e si riconosce dal colore marroni e dai pallini gialli sulle zampe. La causa di questa invasione è da ricercarsi nella carenza di polpi, che sono i predatori naturali dei granchi.