Nel nostro Paese vivono quasi 60 milioni di persone. Di queste, il 48,7% sono uomini ed il 51,3% sono donne.
Eppure, per molto tempo, la medicina – in Italia come nel mondo – ha preso come unico modello e riferimento il corpo degli uomini, considerando la differenza tra uomini e donne mero fattore secondario, talvolta addirittura ignorata. Farmaci, ricerca, percorsi di cura, prevenzione e diagnosi, insomma, la medicina tutta, avevano una connotazione esclusivamente “androcentrica”.
Serviva, dunque, un cambio di rotta e una rivoluzione, scientifica ma per lo più culturale.
“Mi chiedo se le donne debbano vestirsi da uomo per essere curate, visto che la ricerca e la medicina stanno discriminando e penalizzando le donne”, disse Bernardine Healy negli anni ‘90, considerata la madre della Medicina di Genere a seguito di un famoso editoriale, intitolato The Yentl Syndrome, riferendosi a Yentl, l’eroina di una storia di B. Singer, che si rasò il capo e si vestì da uomo per poter entrare in una scuola ebraica e poter così studiare.
Obiettivo della Medicina di Genere, che ha da poco compiuto 30 anni, è dunque quello di prendersi cura delle differenze di sesso e di genere. Non riguarda la salute della donna, ma la comprensione delle differenze di sesso, definite dalle caratteristiche biologiche della persona, e delle differenze di genere, associate a fattori sociali, economici e culturali, che influenzano lo stato di salute e di malattia di ognuno, in termini di prevenzione, di sintomatologia, terapia e prognosi, impatto psicologico e sociale.
Medicina di Genere, Legge 3/2018, Centro di Riferimento per la Medicina di genere dell’Istituto Superiore della Sanità, Osservatorio dedicato alla Medicina di genere. Su One Health, l’intervista alla dottoressa Elena Ortona, Direttrice del Centro di Medicina di Genere dell’ISS e componente della Segreteria Scientifica dell’Osservatorio.
Dottoressa, il Centro di riferimento per la Medicina di genere che lei dirige gioca un ruolo chiave nell’ambito della sanità.
Il Centro di riferimento per la Medicina di genere dell’Istituto Superiore di Sanità (ISS), fin dall’istituzione nel 2017, ha come obiettivo quello di promuovere, condurre e coordinare attività in ambito sanitario che tengano conto dei bisogni di salute della popolazione legati alle differenze di sesso e genere.
Il Centro svolge principalmente attività di ricerca scientifica, di base e traslazionale, formazione e aggiornamento, comunicazione e divulgazione. Inoltre, ha contribuito attivamente alla creazione di una rete di collaborazioni su tutto il territorio nazionale che coinvolge associazioni scientifiche, federazioni professionali, Regioni e Università. Tale rete, dal 2017 a oggi, ha contribuito a creare in Italia quel substrato scientifico e culturale che ha fatto che sì che anche la politica comprendesse l’importanza della medicina di genere come obiettivo strategico del Servizio Sanitario Nazionale e anche la necessità di predisporre una Legge, grazie alla quale oggi possiamo considerare l’Italia il primo paese in Europa per una reale applicazione della medicina di genere.
La Legge 3/2018 ha dato avvio a una nuova era per la Medicina.
L’approvazione della legge 3/2018 non solo è stata una grande conquista, ma un passo molto importante per il nostro Paese. Per la prima volta in Europa si garantisce che i determinanti “genere” e “sesso” vengano presi in considerazione nella definizione di percorsi diagnostico-terapeutici, nella ricerca scientifica, nella comunicazione ai cittadini, nella formazione degli studenti e nell’aggiornamento dei professionisti della salute. Nella legge, inoltre, si prevedeva la predisposizione di un Piano per l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere. Il Centro di riferimento per la medicina di genere dell’ISS ha partecipato alla stesura del piano in collaborazione col Ministero della Salute e col supporto di un tavolo di esperti regionali, degli IRCCS, di Agenas e Aifa. Il Piano è stato poi approvato dalla Conferenza Stato Regioni a giugno del 2019.
Quali le principali aree di intervento per l’applicazione della Medicina di Genere?
Nel Piano sono descritte 4 grandi macroaree: percorsi clinici, ricerca, formazione e comunicazione. Per ogni area di intervento sono stati poi definiti gli obiettivi strategici a breve, medio e lungo termine, le azioni necessarie per raggiungerli, gli attori coinvolti e gli indicatori di monitoraggio.
Non solo. La legge ha previsto anche l’istituzione dell’Osservatorio: quali gli obiettivi?
La legge 3/2018 prevedeva infatti l’istituzione di un Osservatorio dedicato alla Medicina di genere. L’ISS è stato poi individuato quale ente di vigilanza titolare dell’Osservatorio e garante dell’attendibilità e della appropriatezza dei dati rilevati. Obiettivo generale dell’Osservatorio è assicurare l’avvio, il mantenimento nel tempo e il monitoraggio delle azioni previste dal Piano, aggiornando continuamente gli obiettivi in base ai risultati raggiunti.
Altri obiettivi dell’Osservatorio sono quelli di assicurare il contributo delle diverse istituzioni centrali, del monitoraggio del Piano e il suo aggiornamento periodico, anche attraverso la costituzione di gruppi di lavoro con i rappresentanti dei soggetti istituzionali coinvolti. Ancora, garantire che tutte le Regioni italiane, in tutti i contesti appropriati, abbiano avviato programmi di diffusione della Medicina di genere secondo le indicazioni del Piano, promuovere l’interattività delle azioni di diffusione della Medicina di genere tra gli assessorati regionali.
Il fine ultimo che si propone l’Osservatorio è dunque quello di fornire gli strumenti utili per poter arrivare a un’applicazione e diffusione della Medicina di genere omogenea sul territorio Nazionale.
Quali i componenti dell’organo?
I membri dell’Osservatorio sono quei soggetti che fanno parte delle principali Istituzioni, come il Ministero della Salute e dell’Università, ISS, Aifa e Agenas, ed anche degli Ordini Professionali in ambito sanitario, oltre ai rappresentanti delle Regioni.
L’Osservatorio ha poi istituito al proprio interno dei Gruppi di Lavoro su sei tematiche ritenute prioritarie: i percorsi clinici, la ricerca e l’innovazione, la formazione universitaria e l’aggiornamento professionale, la comunicazione e l’informazione, la farmacologia di genere e, infine, le diseguaglianze di salute legate al genere.
Gli obiettivi dei Gruppi di Lavoro sono di monitorare le attività a livello centrale e regionale mediante l’utilizzo di indicatori specifici e di promuovere attività atte a supportare l’applicazione e la diffusione della Medicina di genere sul territorio.
Quale il risultato di cui andate più fieri?
Una delle nostre più grandi conquiste è stato sicuramento l’inserimento dei deteminanti “sesso” e “genere” nel Sistema Nazionale delle Linee Guida (SNLG). Nella letteratura scientifica sono stati versati fiumi d’inchiostro in merito alle differenze in fattori di rischio, incidenza, epidemiologia, progressione, manifestazioni cliniche, risposta ai trattamenti e prognosi. Proprio per questo ci siamo battuti per ottenere l’inserimento del fattore sesso-genere. Nello specifico, questo riguarda il Manuale metodologico per la produzione delle linee guida dell’ISS e il Manuale operativo per Procedure di invio e valutazione di Linee Guida per la pubblicazione nel SNLG: tali manuali richiedono ora che i produttori di Linee Guida procedano nello sviluppo di raccomandazioni sesso e genere specifiche.
E per quanto riguarda l’applicazione della Medicina di Genere sia a livello nazionale che territoriale?
L’Osservatorio coordina, in collaborazione con il Centro di Riferimento per la Medicina di Genere dell’ISS e con il Ministero della Salute, il tavolo dei e delle Referenti Regionali per la Medicina di Genere. Questi soggetti hanno un ruolo cruciale per l’applicazione della Medicina di Genere a livello capillare.
Ed ha, altresì, assunto un ruolo attivo nel coordinare un tavolo di referenti delle società scientifiche interessate ad applicare la Medicina di Genere nelle loro attività, consolidando così un impegno collettivo per l’adozione dell’approccio di genere nel contesto del SSN.
A che punto è l’Italia?
L’approvazione della Legge 3/2018, la predisposizione dei Piani attuativi e l’istituzione di un Osservatorio dedicato alla Medicina di Genere, presso l’Istituto Superiore di Sanità, rappresentano grandi progressi per il nostro Paese. Tuttavia, bisogna fare ancora molto lavoro. Pretendiamo un vero e proprio cambiamento culturale che collochi la persona al centro del percorso di cura: l’obiettivo deve essere il raggiungimento del potenziale di salute a cui ognuno deve aspirare e che deve essere garantito, a prescindere dalle condizioni socio-economiche, dall’etnia, dal pensiero, dalla lingua e dalla religione e, soprattutto, indipendentemente da sesso e genere.
La medicina di genere, quindi, deve diventare una pratica ordinaria al fine di migliorare l’appropriatezza e l’equità degli interventi di prevenzione diagnosi e cura.