In Europa sempre di più si assiste a una ibridazione dei sistemi sanitari che, rispetto alla loro origine (es. Beveridge o Bismark), a fronte delle emergenti esigenze di copertura dei mutati bisogni dei cittadini, modificano la loro natura incorporando ciascuno elementi tipici di altri sistemi.
Cosa succede in Europa (e non solo)
Così, nel Sistema Sanitario Tedesco abbiamo assistito alla creazione di un “fondo di perequazione” (finanziato dalla fiscalità generale), al fine di annullare lo svantaggio competitivo delle assicurazioni scelte da persone più anziane o croniche. Nel dibattito rispetto alla revisione del sistema sanitario USA, già dalla Presidenza Bush jr., si stanno esaminando le positività di un sistema di Health Savings Account (in vigore, per esempio, a Singapore). Il Sistema Olandese ha mutato profondamente la sua natura introducendo un sistema di assicurazioni obbligatorie e volontarie (rendendosi disponibile a farsi carico dei premi assicurativi per coloro i quali non possono permetterseli), trasferendo sui soggetti assicurativi la scelta delle coperture da garantire.
Il primo pilastro: il Sistema Sanitario Nazionale
Anche il sistema sanitario nazionale italiano non è immune da contaminazioni, indotte, appunto, da contingenze o necessità che, rispetto al 1978, si sono presentate, con l’aggravante che, trattandosi di un sistema a “copertura implicita” (nel senso che, salvo quanto definito nell’ambito dei LEA che, però, non sono considerabili come uno strumento di agile comunicazione sui livelli di copertura garantiti effettivamente dal SSN, trascurando i temi dell’esigibilità reale legati al sistema dell’offerta e ai tempi di attesa), non è specificamente definito (salvo il caso dell’odontoiatria, ormai entrato nelle abitudini dei cittadini) quali siano le prestazioni cui si ha effettivamente diritto, considerando che la salute viene considerata tutelata in toto. Peraltro, nel tempo, si sono stratificate diverse modalità di accesso alle prestazioni, anche dal punto di vista del pagamento delle stesse e, quindi, possiamo dire che, allo stato attuale delle cose, esistono sette pilastri di finanziamento delle prestazioni sanitarie, socio-sanitarie e assistenziali (Figura 2.1).
Il secondo pilastro: la sanità intermediata
Il secondo pilastro può essere a sua volta suddiviso in tre sottogruppi.
Per “Fondi” si intendono i fondi di assistenza sanitaria integrativa principalmente garantiti attraverso la contrattazione nazionale. Spesso si rivolgono al nucleo familiare e in alcuni casi coprono anche il personale in quiescenza. Sono improntati a principi di solidarietà (anche intergenerazionale) e di anti-selettività e prevedono una contribuzione da parte degli iscritti e dei datori di lavoro. Sono rivolti a categorie omogenee di soggetti.
Le casse mutue (esperienze che nascono, in alcuni casi, alla fine del 1800) hanno lo stesso livello di solidarietà dei Fondi ma sono accessibili a una pluralità di soggetti, accomunati dalla volontà di contribuire solidaristicamente.
Le assicurazioni riguardano soggetti singoli che stipulano una copertura assicurativa (per sé o per il nucleo). Sono contratti che, di norma, non coprono le condizioni preesistenti la stipula e si rivolgono a individui.
Caratteristica comune al secondo pilastro (la vera e propria sanità intermediata) è la presenza di un terzo soggetto che paga le prestazioni a favore dell’assistito e che, di norma (direttamente o indirettamente, attraverso un terzo, Third Payer Administrator) si avvale di una rete convenzionata di erogatori, con una formula simile al PPO’s Plan degli Stati Uniti (Preferred Provider Organization Plan). Purtroppo, in Italia la quota di sanità intermediata sul totale della spesa privata è basso, situazione che rispecchia la scarsa propensione alla copertura assicurativa propria degli italiani. Stiamo assistendo a un aumento di questa quota (che è la parte più interessante dei pilastri “non pubblici” del Sistema Sanitario Nazionale) grazie alla lungimiranza delle Organizzazioni Sindacali e Datoriali che cercano di dare una risposta efficace ai bisogni che rilevano presso i lavoratori.
Il terzo pilastro: il welfare aziendale
Il terzo pilastro, il welfare aziendale, è un fenomeno che si è molto sviluppato recentemente, pur essendo presente nel nostro Sistema da molti anni, dato che spesso i datori di lavoro garantivano benefici “in natura” ai propri dipendenti. Tali benefici, soggetti a tassazione come reddito da lavoro dipendente, hanno recentemente beneficiato di un regime fiscale maggiormente favorevole che ne ha permesso l’ampia diffusione (anche a fronte di specifiche provvidenze garantite dalla contrattazione nazionale o dalla contrattazione di secondo livello). Alcuni di questi piani aziendali prevedono la possibilità di usare il credito welfare per prestazioni sanitarie, presso una rete convenzionata (che, per alcuni operatori, coincide con quella cui fanno riferimento i Fondi di Assistenza) attraverso il sistema del “voucher”. Costituiscono, quindi, un’ulteriore modalità per soddisfare un bisogno sanitario.
Il quarto e il quinto pilastro: INPS e INAIL
Il quarto e quinto pilastro si riferiscono alle prestazioni (erogate in forma diretta o garantite attraverso un’indennità – es. indennità di accompagnamento che viene utilizzata per pagare, in tutto o in parte, una retta di una RSA –) che i due Istituti garantiscono a determinate categorie di soggetti. Per l’INAIL, per esempio, parliamo anche della protesica maggiore, erogata attraverso soggetti convenzionati o direttamente dall’Istituto.
Il sesto pilastro: l’out of pocket
Il sesto pilastro è maggiormente interessante non tanto per la modalità di pagamento (il puro out of pocket è il pagamento delle prestazioni utilizzando la propria disponibilità economica spesso, come l’ISTAT ha rilevato recentemente, rinunciando ad altre spese o spingendo alla limitazione stessa delle spese sanitarie, seppur necessarie) ma perché, soprattutto nell’out of pocket di pazienti esteri, può costituire una fonte di finanziamento, sebbene erratica (a differenza del secondo pilastro, ove abbiamo un “terzo pagatore” e, quindi, l’assistito/assicurato ha una maggiore propensione alla spesa, spesso peraltro dovendo “rientrare” di un premio assicurativo o di un contributo), ha il pregio di non dover essere negoziata con nessun intermediario.
Il settimo pilastro: la riserva di denaro
Il settimo pilastro costituisce una novità, soprattutto nel panorama italiano (anche se, nell’Italia pre-SSN, era possibile che tale modalità di affrontare il bisogno di salute potesse essere praticata, non essendoci una copertura universalistica ed essendo, le mutue, limitate nella diffusione), ma è un elemento cui guardano Sistemi Sanitari evoluti (es. Stati Uniti). Si tratta della predisposizione di una riserva di denaro (che, a differenza degli Healt Saving Account classici non ha caratteristiche di tipo “istituzionale” o obbligatorio né di un trattamento fiscale favorevole) per far fronte ai bisogni di salute. Si tratta, in sostanza, di quella quota di cittadini, rilevata dall’ISTAT, che decide di risparmiare denaro per future necessità sanitarie, incerta sulla copertura pubblica e non coperta da Fondi o Assicurazioni.
Un panorama variegato per la stabilità del SSN
In questo panorama molto variegato, considerando la qualità della spesa intermediata, che non ha il limite di essere legata alle reali disponibilità finanziarie al momento della necessità della prestazione e che, in effetti, potrebbe garantire una maggiore propensione alla spesa a fronte della presenza di un terzo pagatore al quale, comunque, l’assistito versa regolarmente un premio o un contributo, può costituire la miglior soluzione per mantenere la sostenibilità del nostro Sistema Sanitario. In tal senso, peraltro, gli erogatori pubblici e privati dovrebbero identificare tale segmento come un’area di espansione (nel rispetto, ovviamente, del contratto con il SSN e della regolamentazione, per gli ospedali pubblici, della libera professione intra-muraria) e elaborare modelli di business basati su tale segmento.
Inoltre (vedi Figura 2.2), nell’esaminare il fenomeno della sanità privata e i trend di sviluppo, vivendo noi in un contesto che, nel 1978 – nascita del SSN – ha deciso di cambiare completamente il sistema di finanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, mutuando progressivamente il sistema di regolazione e di offerta (con una variabilità di organizzazione dei Sistemi Sanitari Regionali, con gradienti molto diversi di sistemi di erogazione e di regolazione dei rapporti contrattuali tra regolatore/pagatore/erogatore), risulta doverose fare alcune considerazioni rispetto all’equità dell’utilizzo di strumenti diversi dal finanziamento “statale” per garantire una sostenibilità complessiva del nostro sistema di garanzia di salute.
Carattere solidaristico, spostamento del rischio e rinuncia alle cure
Nello schema di cui alla Figura 2.2, infatti, abbiamo cercato di evidenziare alcune caratteristiche dei principali sistemi di finanziamento dei bisogni di salute (rifacendoci allo schema dei 7 pilastri, qui esaminiamo il primo, il secondo e il sesto). È infatti importante, a mio avviso, evidenziare alcuni elementi comuni tra il sistema dei “Fondi” e “Casse di Mutuo Soccorso” (che, peraltro, come abbiamo detto, sono il pilastro fondante di altri Sistemi Sanitari Europei di natura universalistica) e il SSN, finanziato attraverso la tassazione generale. Nel collocare i diversi sistemi, li abbiamo classificati a seconda del carattere “solidaristico” degli stessi, del trasferimento del rischio di spesa su un terzo pagatore e della rinuncia alle cure per indisponibilità di mezzi utili al pagamento di una prestazione a forte di una eventuale non risposta del pilastro principale (es. tempi di attesa).
Il fenomeno “fly to quality”
Le determinanti della spesa privata, in realtà, possono (anzi, dovrebbero) nascere dall’esigenza di avere una customer experience differente, non per una risposta “sussidiaria” a una carenza del pilastro principale. In effetti, come abbiamo visto dalle figure precedenti (mancano, purtroppo, dati più recenti e il 2023, per esempio, è un anno nel quale stiamo sperimentando un profondo stress di capacità produttiva non solamente per le prestazioni ambulatoriali e diagnostiche), di norma il servizio sanitario nazionale risponde molto bene per prestazioni di alta/media complessità e salva-vita. Purtroppo, questo non vale per tutte le Regioni italiane e, quindi, si assiste al fenomeno della “mobilità sanitaria” che interessa molto il nostro Paese (e che può, peraltro, essere una proxy interessante del mercato dell’attrazione di pazienti dall’estero), come si può vedere dalla Figura 2.3, che riguarda peraltro una mobilità verso Regioni non confinanti e, quindi, con determinanti legate non alla prossimità dell’ospedale ma alla ricerca delle migliori prestazioni possibili.
Se infatti osserviamo la Figura 2.4, vediamo come la fuga sia riferita a prestazioni di alta complessità. Peraltro, le elaborazioni di AGENAS dei dati del Programma Nazionale Esiti, ci danno una correlazione univoca tra Regioni di attrazione e qualità rilevata attraverso il programma stesso, avendo quindi la conferma di un fenomeno di “fly to quality”, che sarebbe da potenziare (con specifici accordi interregionali) e non da limitare.
Assistiamo quindi a un fenomeno fisiologico di ricerca delle migliori cure disponibili da parte dei cittadini italiani che, peraltro, hanno tutto il diritto di muoversi nel territorio nazionale in quanto, pur avendo una organizzazione del nostro Sistema Sanitario basata sui confini regionali, vivono pur sempre in un Sistema Sanitario “nazionale” che, quindi, deve concentrare le eccellenze e metterle a disposizione di tutti i suoi cittadini, cercando però di dare risposte locali a necessità che devono essere risolte sul territorio.
Ricerca di risposte ai bisogni di salute: la sanità intermediata
In questo fenomeno di “ricerca” di risposte ai bisogni di salute, i cittadini si stanno attrezzando con strumenti che vanno al di là del SSN sempre che, per carenza di informazioni, mezzi o altro non siano costretti a rinunciare alle cure (fenomeno che, abbiamo visto, è in crescita). Nella ricerca di una risposta, quindi, la sanità intermediata collettiva è quella che maggiormente conserva il carattere universalistico e solidaristico, tipici di un Sistema Sanitario Nazionale e, quindi, ha tutto il diritto di essere considerata come un “complemento” rispetto a una potenziale crisi di capacità produttiva del SSN. In questo ambito, peraltro, stanno emergendo molti spazi di lavoro, che non devono essere appannaggio degli operatori sanitari di diritto privato e che possono rappresentare un’occasione di evoluzione e ulteriore miglioramento di un’offerta di salute complessiva che, in nessun Paese del mondo, è ormai limitata a una risposta pubblica a un bisogno di salute in crescita.