Calci, pugni, insulti, minacce. E ancora sputi, offese, grida, schiaffi, spintoni violenti, lancio incontrollato di oggetti, molestie. Le violenze contro gli operatori sanitari sono all’ordine del giorno: sono oramai la nuova normalità. Episodi che si ripetono in modo allarmante, spesso senza fare notizia, ma che lasciano segni indelebili su chi è chiamato a salvare vite. L’ultimo caso conosciuto, quello di ieri al Policlinico di Foggia, teatro di tre aggressioni in soli 6 giorni. A farne le spese due infermieri e un vigilante colpiti da un giovane con un braccio ingessato. La notte precedente, intorno alle 4, altri tre infermieri del pronto soccorso erano stati percossi da una persona in stato di alterazione, due sono stati refertati.
La struttura sanitaria pugliese è da giorni tristemente assurta agli onori della cronaca a causa del raid punitivo organizzato da alcuni parenti di una 23enne di Cerignola, deceduta durante un intervento, contro medici e infermieri. Una violenza senza precedenti perpetrata da una cinquantina di persone, tra familiari e amici della vittima, che ha assalito il personale con calci e pugni, costringendoli a rifugiarsi in uno stanzino, barricati e terrorizzati dietro ai macchinari spinti contro la porta.
I tanti volti della violenza contro i sanitari
Questo è però solo uno dei tanti volti di una piaga che colpisce l’intero sistema sanitario nazionale. Sedicimila sono stati, infatti, gli episodi di aggressione contro il personale sanitario e sociosanitario nell’ultimo anno, che hanno coinvolto quasi 20mila operatori e operatrici tra medici, infermieri e Oss.
Le corsie degli ospedali, luoghi di cura e speranza, si trasformano troppo spesso in luoghi di guerriglia e aggressività. Siamo di fronte ad un’escalation che sembra non fermarsi e che ha avuto una forte accelerazione nel periodo del Covid.
La maggior parte degli aggressori sono pazienti stessi (69%), mentre il 28% degli attacchi proviene dai familiari. Le aggressioni verbali rappresentano il 68% dei casi, mentre il 26% riguarda episodi di violenza fisica; un 6% si rivolge invece verso i beni materiali, lasciando dietro di sé un quadro complesso e preoccupante.
Ma qual è l’origine di questa rabbia crescente contro chi ogni giorno si sacrifica per il bene degli altri? E quali sono le misure adottate per proteggere chi, per professione, è in prima linea nel garantire la salute pubblica? Lo abbiamo chiesto in esclusiva a chi questi episodi li vive quotidianamente.
La voce del Presidente della Società Italia dei Medici di Emergenza-Urgenza
«Al di là dell’ovvia durissima condanna al fenomeno delle aggressioni, che ha trovato la propria massima espressione criminale nei fatti di Foggia, il problema è cosa fare», spiega a One Health Fabio De Iaco, presidente nazionale SIMEU. Non a caso i luoghi più pericolosi risultano essere i Pronto Soccorso, le Aree di Degenza, i servizi di Psichiatria e gli ambulatori.
«E’ evidente – prosegue De Iaco – la necessità di proteggere al massimo gli operatori, ma l’eccessiva militarizzazione degli ospedali appare impossibile e indecorosa per un paese civile. Eviterei alcune proposte fantasiose di questi giorni. La verità è che abbiamo necessità: di una corretta e estensiva applicazione della legge 113/2020, che ancora attendiamo, a cominciare dalle pesanti sanzioni amministrative previste per chi semplicemente impedisce il sereno e corretto svolgimento del servizi, della costituzione di parte civile da parte di tutte le Aziende in ogni occasione di aggressione verbale o fisica, in maniera da non lasciare soli gli operatori di fronte alla decisione di denunciare penalmente, con tutte le conseguenze, anche di preoccupazione per sé stessi e le proprie famiglie, che ne derivano, dell’arresto in flagranza, ma anche in flagranza differita, degli autori dei reati, come ha giustamente proposto in questi giorni anche Giovanni Migliore, Presidente di FIASO: è impensabile che gli autori dei gesti di Foggia, individuati per loro stessa ammissione, oggi restino tranquillamente a casa».
«C’è necessità di ricostruire il valore e l’efficacia del servizio, certamente sanitario, ma penso anche alla scuola, di ricostituire quel rapporto di reciproca fiducia tra utenti e operatori che si chiama “patto sociale” e che ormai in questo Paese è tristemente degenerato. Serve una grande operazione culturale sui cittadini ma anche un radicale intervento operativo sui servizi», conclude.
Il punto di vista della Federazione Nazionale Ordini Professioni Infermieristiche
La categoria più vulnerabile è quella degli infermieri, seguita da medici e operatori socio-sanitari.
«Chiediamo di essere difesi e messi nelle condizioni di sicurezza per poter operare», evidenzia a One Health la Presidente della Fnopi, Barbara Mangiacavalli. «Ai colleghi aggrediti, al presidente dell’Ordine delle Professioni Infermieristiche di Foggia – conclude – vanno la nostra vicinanza e la nostra solidarietà, così come siamo vicini alla famiglia della giovane nel dolore per la grave perdita. Alle Istituzioni preposte rinnoviamo la richiesta, sempre più urgente, di misure e soluzioni per una situazione che sta diventando sempre più insostenibile e intollerabile. L’ultima aggressione ha riacceso l’attenzione su un problema rispetto al quale da tempo si chiedono azioni concrete e che non accenna a risolversi, generando al contrario, un’escalation di episodi violenti nei confronti del personale sanitario».
L’allarme della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e degli odontoiatri
Fa sentire la propria voce anche Filippo Anelli, Presidente della Fnomceo: «Allo Stato chiediamo che i sanitari, i medici siano difesi, siano messi nelle condizioni di sicurezza per poter operare. Non è possibile considerare oggi che l’accesso in qualsiasi struttura sanitaria sia libero, senza le opportune misure di sicurezza. Chiediamo che il Parlamento valuti di estendere l’arresto differito in flagranza anche per le situazioni di aggressione nei confronti dei sanitari. Chiediamo che le strutture ospedaliere, le strutture sanitarie siano video-vigilate in modo tale da applicare agli aggressori le pene previste dalla legge», commenta a One Health.
Le proposte per arginare il fenomeno
Arresto in flagranza, dunque, ma anche Daspo delle cure per chi aggredisce medici e infermieri: 3 anni senza assistenza sanitaria gratuita, come prevederebbe una proposta di legge di Fratelli d’Italia: la sospensione della gratuità delle cure per chi commette aggressioni contro il personale sanitario, ad eccezione delle cure d’emergenza. O ancora il ripristino del presidio di polizia all’interno degli ospedali, come chiede Andrea Costa, già Sottosegretario di Stato alla Salute nel Governo Draghi: «Garantire la sicurezza degli operatori sanitari rappresenta un dovere e un obiettivo. È la storia che ci insegna come in alcuni casi scelte del passato possano non essere state corrette: aver tolto i posti di polizia nei pronto soccorso è stato un errore, e su questo possiamo e dobbiamo avviare un percorso per ripristinarli. Restituire i posti di polizia all’interno delle nostre strutture ospedaliere va fatto perché rappresentano un deterrente contro i malintenzionati e un elemento di garanzia per i nostri operatori sanitari e per tutti i cittadini».
Solo lo scorso 12 marzo si è celebrata la seconda “Giornata Nazionale di educazione e prevenzione contro la violenza sugli operatori sanitari”, istituita nel 2022 in Italia in conformità con l’art. 8 della legge 113/2020, che disciplina la sicurezza per le professioni sanitarie. Questa normativa, entrata in vigore il 24 settembre 2020, è stata concepita per contrastare il crescente fenomeno di aggressioni ai danni del personale sanitario e socio-sanitario, promuovendo la sensibilizzazione sui loro diritti e prevedendo un irrigidimento delle sanzioni.