Torino ancora una volta da primato: l’ospedale Molinette della Città della Salute protagonista di un intervento rivoluzionario nel campo dell’urologia.
Il professor Paolo Gontero ed il suo team ha asportato un rene colpito da un tumore di 8 centimetri in una paziente operata da sveglia. Non solo: l’intervento è stato realizzato con il robot chirurgico da Vinci Single Port, un’innovazione che negli Stati Uniti viene utilizzata ormai da 6 anni e che, invece, ha raggiunto l’Europa solo pochi mesi fa.
La donna, però, non solo era affetta da un grosso tumore, ma presentava anche una severa obesità e una insufficienza respiratoria grave che la costringeva a vivere attaccata ad una bombola di ossigeno e a frequenti ricoveri ospedalieri.
Dichiarata inoperabile da chiunque, è stata letteralmente salvata dal professor Gontero e da anestesisti esperti. Un’anestesia locoregionale, una sola piccola incisione di appena 2,5 centimetri (in pratica, il diametro di una moneta da 2 euro), un robot con 4 bracci, un chirurgo alla consolle a dirigere la strumentazione, 3 giorni in ospedale e poi a casa. Salva.
Su One Health l’intervista esclusiva al professor Paolo Gontero, specialista in Urologia, Professore Ordinario di Urologia dell’Università degli Studi di Torino e Direttore della Clinica Urologica dell’Ospedale Molinette della Città della Salute e della Scienza di Torino.
Professore, lei ha raggiunto una nuova frontiera della chirurgia.
All’ospedale Molinette avevamo già avuto dei casi di interventi al rene su pazienti svegli mediante chirurgia mininvasiva: siamo stati fra i primi a livello mondiale.
Ma per questo intervento abbiamo aggiunto un elemento di novità, il da Vinci Single Port: una nuova versione del da Vinci (Multi Port, ndr) che in Europa è arrivato solo da alcuni mesi, mentre negli Usa esiste dal 2018.
Non solo, quindi, abbiamo eseguito – primi in Europa – un intervento di asportazione di un rene colpito da un tumore in una paziente operata da sveglia con il robot. L’operazione presentava alcune particolarità: la paziente era una donna in stato di obesità con una importante insufficienza respiratoria (cioè, vive con l’ossigeno): questo rendeva estremamente pericolosa un’anestesia totale, quella cioè non solo standard, ma necessaria per effettuare questo tipo di intervento. Inoltre, aveva un tumore al rene destro abbastanza grande, di 8 centimetri. L’unica possibilità di cura per questo tipo di tumore era chirurgica.
Un caso complesso che ha richiesto un attento studio multidisciplinare, quindi.
Esatto. Forti delle nostre esperienze precedenti, e avendo a disposizione la nuova tecnologia robotica, abbiamo voluto unire le due cose per eseguire un intervento di asportazione del rene. Si è rivelata una scelta vincente: un team di anestesisti in grado di fare un’anestesia locale e lo strumento innovativo.
Soprattutto, serve una particolare intesa fra chirurgo e anestesista, che – in casi del genere – interagiscono in un modo molto particolare, unico direi: occorre una sinergia maggiore rispetto ad ogni altro intervento. Senza dimenticare che serve un Centro che sia in grado di sostenere, per professionalità, esperienza e strumenti tali interventi.
Come si è svolto l’intervento?
Gli anestesisti hanno addormentato solo la zona del rene, mentre con il da Vinci l’operatore – in questo caso io –, stando ad una consolle, muove i 4 bracci e opera, per così dire, da lontano. C’era poi un altro chirurgo in sala, che si trovava proprio sopra il campo operatorio: aveva il compito di introduce lo strumento attraverso l’accesso chirurgico, insieme ad altri strumenti, come le clip usate per chiudere i vasi sanguigni per poter asportare il rene, ed anche di pulizia della telecamera.
Con un taglio di soli 2,5 centimetri, il robot entra all’interno del corpo: un braccio è dotato di telecamera, mentre gli altri 3 sono operano. La via attraverso cui siamo passati, molto piccola, è la cosiddetta “extra peritoneale”, quindi poco invasiva. La paziente è andata a casa dopo 3 giorni, ma già in seconda giornata post-operatoria era pronta alla dimissione.
Come cambia l’approccio operatorio con il da Vinci Single Port?
Nel modello da Vinci Multi Port ci sono più bracci separati, da posizione a distanza l’uno dall’altro: sono 4 i bracci robotici e altri 2 ausiliari. Con il Single Port, invece, oltre alla mininvasività, lo strumento riesce a performare molto bene in spazi estremamente piccoli: ciò ha consentito di rendere estremamente tollerabile la procedura.
Ricordo un intervento di qualche tempo fa, eseguito con il Multi Port: ho avuto delle difficoltà perché la paziente, essendo sveglia, avvertiva il dolore. I bracci, infatti, sono molto grandi, ingombranti ed anche traumatici.
I bracci del Single Port, invece, si muovono come un polipo: sono estremamente piccoli.
Quali i vantaggi per la paziente e per il medico?
La paziente, che è sempre rimasta sveglia, appena uscita dalla sala operatoria è stata portata nella sala di rianimazione, nonostante non ne avesse bisogno, ma solo per precauzione. Dopo soli 3 giorni è poi tornata a casa, quasi come se non avesse subito un intervento chirurgico. Anche i tempi di recupero sono molto rapidi.
Per quanto riguarda il chirurgo, i vantaggi sono dovuti alla tecnologia. Questo intervento, ad esempio, è risultato particolarmente semplificato. Si tratta di una chirurgia che viene, di fatto, sviluppata anche perché l’intervento potrebbe essere eseguito da una sola persona. Negli Usa, ad esempio, il chirurgo sta alla consolle e un infermiere al tavolo.
Insieme al professor Mario Morino sta portando avanti un progetto di ricerca per un utilizzo multidisciplinare in chirurgia oncologica: a che punto siamo?
Il professor Morino è un chirurgo generale e il direttore della clinica chirurgica: è un pioniere e uno sperimentatore di tecniche mininvasive da ormai moltissimi anni. Lui utilizza il Single Port per esplorare campi di sua pertinenza.
La strategia vincente è quella di unire le forze: la stessa apparecchiatura che viene utilizzata da più professionisti di più branche chirurgiche. Nella fattispecie, questo robot non ha avuto una grandissima diffusione, probabilmente perché è stato interpretato come un sostituto dell’altro, il Multi Port, mentre a mio avviso, invece, è complementare. C’è, ovviamente, ancora molto sviluppo da fare.
Grazie alla Fondazione Crt, che ha creduto in questa progettualità multidisciplinare e che ci ha finanziato, abbiamo questa opportunità. E per me è stata una fortuna che ci fosse il prof Morino, che aveva, come me, intenzione di partire con un progetto su questa tecnologia. Potenzialmente ci sono anche altri ambiti di applicazione, come la chirurgia toracica.
Il prossimo passo, credo, sarà avere una sala operatoria dedicata al robot, che sia multidisciplinare, come quella in cui si trova il da Vinci Multi Port, per permettere a chirurghi di ogni ambito di poter sviluppare interventi innovativi e mininvasivi.
Uomo e tecnologia: un’alleanza vincente, senza dubbio. Quali le prospettive future?
Quello che la tecnologia sta perseguendo è la riduzione massima dell’invasività. Ovviamente occorre l’indicazione giusta, perché non tutti gli interventi – almeno oggi – possono essere eseguiti con tale approccio e tale tecnologia. Inoltre, le possibilità operatorie si stanno aprendo anche ad alcuni pazienti che, per le loro condizioni, fino a qualche tempo fa non potevano sostenere un intervento chirurgico.
Questo strumento, poi, secondo me, lavora molto bene in piccoli spazi.
Si andrà in direzione di una completa sostituzione dell’uomo?
In questo momento la mente umana non è sostituibile, poiché questi robot sono strumenti che non si muovono di un millimetro senza un operatore: anzi, credo che il termine “robot”, per questi strumenti, sia improprio.
Si stima che i robot – nel vero senso del termine – autonomi dal punto di vista chirurgico saranno pronti fra 30-40 anni. Avremo, quindi, dei robot programmati per effettuare interventi chirurgici complessi, pronti ad affrontare qualunque situazione.
Si sta lavorando in quella direzione: non credo sia un’impresa in cui l’essere umano si è cimentato sapendo che sarà perdente. È solo questione di tempo, ma quello che oggi è impossibile diventerà un giorno possibile.