Il pediatra di famiglia svolge un compito al contempo importante e delicato.
Punto di riferimento per i bambini, che accompagna nella crescita durante gli anni del cambiamento, e principale alleato dei genitori.
Ma il pediatra è anche, in questa triplice alleanza medico-genitore-paziente, uno degli attori protagonisti della buona riuscita (o meno) di ogni campagna vaccinale. Fornire informazioni adeguate, rassicurare sull’efficacia dell’iniezione, placare la classica paura dell’ago, rispondere ad ogni domanda, dipanare dubbi e incertezze, creare la forte consapevolezza nelle famiglie dell’importanza delle somministrazioni, per raggiungere l’obiettivo principale: l’immunizzazione e la protezione dei bambini. Sono questi i principali e delicati compiti che il pediatra di famiglia deve svolgere attraverso un’attenta e dosata attività di counseling.
Le vaccinazioni negli ultimi 50 anni della storia del mondo hanno raggiunto ottimi risultati, è vero, ma questo non significa che il compito dei medici e dei genitori sia finito, che si possa abbassare la guardia: molto è ancora da fare per raggiungere la soglia di copertura prevista, in Italia, dall’Istituto Superiore di Sanità.
Per indagare a fondo il tema abbiamo raggiunto il Dottor Martino Barretta, Responsabile Nazionale vaccini e immunizzazione di FIMP (Federazione Italiana Medici Pediatri) al termine del suo intervento alla Festa della Salute iCare organizzata a Viareggio da Motore Sanità.
Dottor Barretta, qual è lo stato dell’arte delle vaccinazioni pediatriche?
La stella polare è il Piano Nazionale Prevenzione Vaccinale, che definisce degli obiettivi ben precisi, designati in modo diverso per ogni tipologia di vaccino.
Faccio un esempio: la vaccinazione per il morbillo deve raggiungere il 95% di copertura. Si tratta di un valore non meramente freddo, ma che indica quello che è lo standard al fine di evitare la circolazione del virus, ma anche per proteggere chi non può vaccinarsi, e chi invece si vaccina. Purtroppo, come sappiamo, i vaccini non sono mai efficaci al 100%.
Per alcuni vaccini, i cosiddetti obbligatori, le coperture sono quasi raggiunte. Ma ce ne sono molti altri, invece, per i quali non si riesce a raggiungere tale livello.
Può farci un esempio?
Quello del meningococco (che provoca meningite): nonostante gli obiettivi siano più o meno simili a quelli del morbillo, la copertura non viene raggiunta.
Ciò significa che si deve lavorare molto: in questo compito, il pediatra di famiglia è forse la figura più importante, sia per cercare di trasmettere il valore delle vaccinazioni, sia per far aderire quanti più genitori possibile.
Quale il consiglio che si sente di dare ai genitori?
Ai genitori dico: siate sereni e mettetevi nelle mani del pediatra, esponete qualsiasi vostro dubbio, ponete tutte le possibili domande. Ogni parola, consiglio del vostro medico di riferimento è rivolta esclusivamente al benessere dei vostri bambini.
Durante il suo intervento alla Festa della Salute promossa da Motore Sanità ha raccontato i successi ottenuti dalle vaccinazioni negli ultimi 50 anni.
In 50 anni sono stati salvati 154 milioni di persone e 146 milioni di bambini: questo, grazie ad un programma di immunizzazione mondiale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Il raggiungimento di questi traguardi di efficacia, sicurezza e immunizzazione è stato reso possibile, ancora una volta, dal prezioso lavoro del Pediatra di Famiglia.
Cambiamento climatico e grandi ondate di calore, inquinamento: molti sono i bambini a rischio nel mondo. I più recenti report dell’Unicef gridano all’allarme: cosa fare?
Come spiegavo, relativamente alle vaccinazioni c’è un calo di mortalità: in particolare, per il 60% è dovuto a tutti gli interventi fatti indipendentemente dalle immunizzazioni. Il restante 40% è legato alle vaccinazioni per morbillo, tetano, tubercolosi, poliomielite.
C’è poi una grande parte di mortalità – e di salute – recuperata grazie agli interventi fatti sull’ambiente: l’allarme è chiaro, molti bambini sono in pericolo. Ciò che è stato fatto fino ad ora va bene, ma non è ancora sufficiente. Servono politiche globali per contrastare un nemico globale.
La cronaca degli ultimi giorni tratta sempre più spesso il tema del virus respiratorio sinciziale nei bambini: possiamo fare chiarezza sul nuovo farmaco?
Innanzitutto, un chiarimento per tutti i genitori: non si tratta di un vaccino, ma di un anticorpo monoclonale contro il virus respiratorio sinciziale che già viene somministrato ai neonati pretermine o con patologie congenite.
Il nuovo anticorpo permette di eseguire un’unica soluzione e proteggere così tutti i bambini. La principale causa di ricovero per i piccoli sotto l’anno di età è infatti legata al virus respiratorio sinciziale, quindi broncopolmonite e polmonite, solo il 10% ai prematuri.
Per poter parlare di una immunizzazione con anticorpi questa deve essere universale: quindi, una somministrazione a tappeto a tutti i bambini alla prima stagione di virus respiratorio sinciziale.
A tal proposito, qualche giorno fa il Ministro della Salute ha sollevato molte polemiche con una prima circolare, poi subito sostituita, sulla gratuità del farmaco per i bambini. Che cosa è accaduto?
Lo scivolone del Ministro Schillaci è nato a causa del fatto che non c’è stata un’indicazione nazionale sul tema. Di conseguenza, avendo 21 Sistemi Sanitari Regionali, tutti diversi, quelle Regioni che non avevano problemi con i piani di rientro hanno potuto investire sull’anticorpo, mentre le altre sono state bloccate.
Questo, però, non è corretto nei confronti dei bambini, a prescindere dal luogo di nascita.
Ben venga, dunque, la immediata retromarcia del Ministero, chiarendo che si provvederà, in accordo con AIFA, per poter permettere a tutti i bambini di avere il vaccino.